Si ha la sensazione che un po' tutti in
Italia si sia vittime di una illusione ottica. Si guarda il dito
(l'incapacità dei tre schieramenti e mezzo di mettersi d'accordo) e
non si osserva la luna: la realtà di un Paese spaccato socialmente e
che non può trovare un compromesso in economia. La via d'uscita non
è in un accordo tra partiti (poiché essi rappresentano solo una
società politica allargata) ma tra componenti antagoniste della
società italiana che induca i partiti a svolgere il loro compito di
sintesi politica.
La vicenda dei crediti delle imprese
nei confronti della Pubblica Amministrazione è esemplare. Non ha
funzionato la ricetta di Monti (far scontare questi crediti dalle
banche le quali si sono tirate indietro perchè, a differenza del
passato, oggi lo Stato è valutato come un soggetto inadempiente),
non ha convinto la soluzione Grilli innanzitutto Confindustria ma
anche le altre rappresentanze imprenditoriali. Con i tempi che
corrono, occorre veramente una gran faccia tosta a stampare titoli
del debito pubblico e a tentare di pagare con quelli, anziché con
soldi veri, imprese ormai alla canna del gas. Senza contare poi i
tempi di pagamento eccessivamente lunghi (18 mesi) e il fatto che il
pagamento non sarebbe completo ma solo il 20% del necessario. Come
scusante per il governo (uscente?) c'è senz'altro da dire che lo
stesso ha il compito di sbrigare solo gli affari correnti in attesa
di passare la mano al nuovo. Ma per gli osservatori e per coloro che
incrociano le armi della dialettica su questa questione non ci sono
scusanti. Se lo Stato non ha più soldi veri in generale da spendere
non si capisce come e con quali risorse potrebbe pagare i 48 miliardi
chiesti da Squinzi. Noi, modestamente, avevamo evidenziato la
contraddizione già la settimana scorsa. Possiamo capire il gioco
della polemica politica ma vorremmo ricordare che da un po' di tempo
ci sono imprenditori e lavoratori che si suicidano perchè le loro
aziende vanno in rovina e ciò non senza colpe da parte della
politica e della pubblica amministrazione. Quindi non scherziamo. Su
questa questione è chiaro come vi sia una tensione tra burocrazia da
una parte (rappresentata politicamente da chi sappiamo) e mondo della
piccola impresa (a sua volta rappresentata da un altro schieramento)
. Quella dei fondi per gli ammortizzatori sociali (che si dice si
esauriranno entro l'estate) è un'altra bomba ad orologeria.
Finanziarli significa dover aumentare le tasse, ma aumentarle
significa spingere ancor più nel burrone quelle aziende che hanno
esubero di lavoratori. Anche qui si registra una tensione tra mondo
delle imprese da una parte , lavoratori, burocrazia. Tre soggetti che
stanno affogando, che per salvarsi cercano di appoggiarsi sugli altri
due. Tra i tre quella che ha maggiori possibilità di salvarsi
nell'immediato è la più grassa, quella che galleggia meglio. Ma
alla lunga, senza ripresa della produzione, dei salari dei consumi e
del gettito, anche il suo destino sembra segnato. Iva e Imu , la loro
modulazione, ripropongono lo stesso duello. Non si può chiedere ai
partiti (o ad alcuni di essi) di “decidersi”, di provare a
governare assieme se prima non si risolve a monte questo conflitto di
interessi. Nel quale, purtroppo, il mondo del lavoro sembra
incastrato dalla storica convergenza e alleanza di fatto (e
sintetizzata all'interno di un preciso schieramento) tra lavoratori e
l'insieme degli interessi dello Stato e della burocrazia. Altre forze
hanno dimostrato di intuire questo stallo ma di non essere ancora in
grado di proporre al Paese una sintesi praticabile. Non è un
problema di percentuali né di esperienza, ma di identità: se si è
o vuole essere soggetto rivoluzionario nel panorama politico occorre
pagare un prezzo in termini di spendibilità nelle istituzioni o nel
governo. Nelle democrazie anglosassoni, le più antiche, esiste un
istituto, quello del “governo ombra” che obbliga l'opposizione a
formare nelle sue fila un governo parallelo che dimostri, con la
serietà delle proposte di essere una seria alternativa al governo in
carica, preparandosi al proprio turno. Oggi in Italia abbiamo una
presenza che si propone, a suo modo, come una alternativa , non solo
politica ma di sistema. Tutto molto bello ma il problema è che nel
frattempo il Paese sta morendo e, in buona parte dell'elettorato, si
sta insinuando il dubbio se sia stata una buona scelta quella di
produrre uno shock politico di tale portata. Si parla di proposte
valide ma dalla dubbia copertura finanziaria e organicità. Quindi
realizzabilità. Purtroppo questo non è il momento di sognare, ma di
“fare”, innanzitutto nell'interesse dei lavoratori che faticano a
intravvedere l'uscita dal tunnel. Non sarebbe ora che la principale
forza di rottura emersa dalle elezioni dimostrasse ai lavoratori la
propria concretezza formando un”governo ombra” che ci faccia
toccare con mano la serietà di determinati intenti, abilmente
esposti in una magistrale campagna elettorale?Chissà che non possa
servire per far decidere i dubbiosi e per farci uscire
dall'inconciliabilità tra i sopra evocati interessi sociali opposti
, retrostanti agli attuali schieramenti politici.