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martedì 17 dicembre 2013

ALCOM-AGL (Lavoratori delle Comunicazioni) : MOBILITIAMOCI CONTRO IL TENTATIVO DI INTRODURRE LA WEB-TAX. DIFENDIAMO LA LIBERTA' E IL NOSTRO FUTURO!

L'ALCOM-AGL (Federazione dei lavoratori delle Comunicazioni) si schiera contro chi , nel governo e nel parlamento, sta tentando di introdurre la follia della Web-Tax. Si tratterebbe di un provvedimento gravissimo che inciderebbe in maniera letale sulle libertà e sulle possibilità di sviluppo del nostro Paese.
Riportiamo di seguito, per una completa illustrazione della complessa questione, un post tratto da http://www.byoblu.com a firma di Claudio Messora.

"""""""""Chiunque abbia fatto una guerra (e sia sopravvissuto), vi dirà che i conflitti sono i più grandi ascensori sociali. Chi era su finisce giù, e viceversa. Così è internet. Immaginate il mondo là fuori come una grande ragnatela di interessi e di equilibri: appena qualcosa si muove grossi aracnidi monopolisti, specializzati nel presidio di migliaia di filamenti, con i loro tentacoli chitinosi capaci di percepire impercettibili vibrazioni, avvolgono in un bozzolo vischioso ogni più piccolo tentativo di innovazione. Sono le lobby dell’informazione, dell’editoria, del commercio, immersi nei loro enormi gangli di potere che non sono disposti a cedere. Poco importa che così facendo paralizzino la società: l’importante è che i loro grossi ventri molli restino pingui e ben pasciuti. Poi arriva la rete, quella digitale. Informazioni, beni e servizi iniziano a transitare per vie impossibili da presidiare. Sono fatti di idee, sono comunicazione allo stato puro: nessuna barriera fisica li può fermare. Dove il mondo precedente era fatto di grandi pachidermi, di frontiere, di dazi, di proibizionismo, di censura e di poteri centrali, quello nuovo è agile come un esercito di acrobati, non ha confini se non quelli dell’immaginazione, è libero come le ali della fantasia, è impossibile da costringere in un pensiero unico ed è dominato da multiformi, cangianti concentrazioni di energie individuali, che si concentrano a realizzare un obiettivo e poi si disperdono facendo perdere ogni traccia di sé. Chiunque può costruire un ponte tra se stesso e gli altri, in una dimensione parallela rispetto a quella popolata da feroci sentinelle poste a guardia di privilegi indebiti, e farvi transitare idee originali e di successo che viaggiano alla velocità del pensiero, trasportando opportunità e trasformandole in economie reali. Internet è un ascensore sociale di incredibile potenza. Per questo va abbattuto. Così è iniziata la lunga e triste storia degli attacchi alla rete. L’Italia è all’avanguardia: è la Cina dell’ovest, con l’aggravante che è molto più oscurantista e medioevale. Nonostante studi approfonditi della Banca Mondiale, di Google, dell’Oecd, del Boston Consulting Group e di Confindustria Digitale dimostrino inequivocabilmente che una buona infrastruttura digitale consentirebbe di risparmiare non meno di 40 miliardi l’anno (con soli 10 miliardi di investimenti iniziali, secondo calcoli di Alcatel-Lucent confermati da consorterie cinesi), che a una crescita della penetrazione della banda larga tra il 13% e il 18% corrisponderebbero incrementi di Pil compresi tra il 3,3% e il 4,3% (di cui il 75% a vantaggio dell’industria tradizionale), e nonostante il McKinsey Global Institute dimostri che internet crea più posti di lavoro di quanti ne distrugge, il nostro Paese è tra gli ultimi per la qualità delle sue infrastrutture digitali, per il numero di cittadini connessi alla rete così come per la velocità di download (93°, dopo le Fiji) e di upload (143°, dopo il classico Trinidad e Tobago). La politica, essendo espressione delle lobby dell’editoria televisiva e temendo la diffusione di contenuti multimediali concorrenti non meno della diffusione della conoscenza e dell’informazione libera, ha non solo disincentivato nel passato l’evoluzione digitale della nostra economia, ma la ha proprio decisamente ostacolata grazie al non adeguamento delle normative e alla continua minaccia, spesso ma non sempre disinnescata grazie alla mobilitazione di blog e associazioni, di atti legislativi ostili. (vedi: “A cosa serve internet“).
Chi si illudeva che un governo di centro-sinistra, apparentemente “progressista”, avrebbe potuto invertire questa tendenza dando seguito alle direttive sull’adeguamento delle infrastrutture digitali emanate dall’Unione Europea (che fa testo solo quando impone austerity e tagli alla spesa pubblica), è oggi costretto a scendere dal proverbiale pero e constatare che contro la Rete poté di più il Partito Democratico che 20 anni di Forza Italia e Popolo delle Libertà messe insieme. Quello che il partito del rottamatore di Arcore è riuscito a fare in pochi mesi di legislatura contro le libertà digitali ha dell’incredibile. Vogliono gli Stati Uniti d’Europa, sono disposti a cedere qualunque tipo di sovranità pur di ottenerla, si stracciano le vesti quando un economista parla di una riappropriazione del sistema monetario o dell’imposizione di dazi verso i Brics, ma quando si tratta di internet sono più protezionisti di Ficthe e di List messi insieme. La Commissione Bilancio alla Camera ha approvato un emendamento di Edoardo Fanucci (Pd) alla Legge di Stabilità, sostenuto dal presidente della Commissione Francesco Boccia (Pd), che istituisce la cosiddetta Web Tax. Recita così: «i soggetti passivi che intendano acquistare servizi online, sia come commercio elettronico diretto che indiretto, anche attraverso centri media ed operatori terzi, sono obbligati ad acquistarli da soggetti titolari di una partita Iva italiana». Cosa significa? Che d’ora in poi non potremo più acquistare merce o software o servizi di qualunque tipo da siti che non abbiano aperto una partita Iva italiana. Quello che non esiste da nessun’altra parte in Europa, da noi sta per diventare realtà. Da Amazon a Google a qualunque altra impresa anche piccola, magari operante dall’altra parte del globo: saremo tagliati fuori da tutto, perché è evidente che il servizio che sarà disponibile agli altri cittadini europei, fornito magari da una piccola società del Michigan, a noi sarà precluso, essendo nei fatti impossibile dall’estero espletare tutte le pratiche previste dalla burocrazia italiana per sobbarcarsi l’onere di una posizione fiscale nel Paese più tartassato e oberato di scartoffie amministrative del mondo civilizzato. Ed è ipotizzabile che anche i giganti del web, che trovano nell’Italia un mercato del tutto marginale, possano abbandonarlo a se stesso per concentrarsi su territori meno oscurantisti e più redditizi. Vero è che oggi i colossi digitali fatturano nei paesi fiscalmente più convenienti, come l’Irlanda, ma nell’era dell’integrazione politica a tutti i costi, vuoi vedere che l’unica soluzione che non si può trovare a livello comunitario è quella di un riequilibrio delle politiche fiscali? Ci crede così poco, Letta, all’Unione Europa alla quale sacrifica ogni politica nazionale diversa da quella digitale?
Ma la scure della Santa Inquisizione democratica non si ferma. Nel Consiglio dei Ministri di venerdì scorso, il proverbiale “venerdì 13”, il governo delle ex larghe intese (“Tesoro, mi si sono ristrette le intese”) ha varato un decreto che sferza un altro micidiale colpo sui motori di ricerca e sulla stessa libertà di informazione. Sotto evidente dettatura delle morenti lobby dell’editoria cartacea, viene incredibilmente sancito che prima di “linkare, indicizzare, embeddare, aggregare” un contenuto giornalistico è necessario chiedere il permesso all’editore. Avete capito bene: la fine dei provider di ricerca che indicizzano le ultime notizie per poi rimandarvi eventualmente alla fonte (viene in mente Google News). Ora dovranno stringere accordi preventivi con gli editori, che si possono immaginare economicamente svantaggiosi. Ma se quel “linkare ed embeddare” evoca sinistri presagi che aleggiano sui blog, i quali si ritroveranno a domandarsi se possono ancora inserire collegamenti ipertestuali agli articoli dei giornali, o citarne stralci, senza dover essere costretti a firmare improbabili contratti con Rcs o con il Gruppo Editoriale l’Espresso, quell’”aggregare” evoca scenari esilaranti nei quali potrebbero diventare illegali in un colpo solo tutti i feed reader privi di autorizzazione e trasformare i vostri pc in tante pericolose rotative clandestine. Un ennesimo regalo all’editoria e un inesplicabile duro colpo allo sviluppo della cultura della circolazione delle informazioni, attuato per decreto e ancora una volta senza il coinvolgimento del dibattito parlamentare.
E senza alcun dibattito parlamentare si è consumato una vero e proprio sopruso, un atto autoritario, antidemocratico e probabilmente anche incostituzionale, perpetrato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che il 12 dicembre ha varato una delibera che non ha precedenti altrove nel mondo e che consegna la libertà di pensiero al suo antagonista storico, l’insieme dei gruppi di pressione che tutelano il copyright, eliminando con un colpo di spugna l’attribuzione del potere giudiziario ai magistrati e conferendolo agli avvocati delle lobby, i quali in presenza (a loro insindacabile giudizio) di “un’opera, o parti di essa, di carattere sonoro, audiovisivo, fotografico, videoludico, editoriale e letterario, inclusi i programmi applicativi e i sistemi operativi per elaboratore, tutelata dalla Legge sul diritto d’autore e diffusa su reti di comunicazione elettronica”, potranno segnalarla all’Agcom che nel giro di pochi giorni potrà ordinare agli internet provider di oscurarla o rimuoverla. Per chi si illudeva che anche il nostro Paese, un giorno, avrebbe visto la nascita di un principio sacrosanto come quello del Fair Use, in vigore altrove, che consente ai cittadini di diffondere stralci di opere protette dal diritto di autore al fine di realizzare un dibattito o di stimolare una discussione attinente, la delibera Agcom appena emanata rappresenta la fine di ogni speranza. Tutto, qualunque contenuto presente in rete, secondo le definizioni di cui sopra, potrà essere oggetto di rivendicazione da parte degli editori. Un video su internet che contiene alcuni spezzoni di un telegiornale o di un servizio giornalistico, una foto pubblicata su un blog, anche se modificata in senso umoristico, magari elaborata a comporre un fotomontaggio, uno stralcio di articolo tratto da un giornale, l’audio del saggio di pianoforte di vostra figlia nel quale l’editore dello spartito riconosce l’uso della diteggiatura da lui depositata, tutto potrà risultare in una segnalazione effettuata all’Agcom che potrà ordinare al vostro hosting provider, o magari a YouTube, di cancellare il vostro blog in tutto o in parte, così come il vostro video. E poiché il provider o il fornitore di servizi di condivisione che nel volgere di pochissimi giorni non dovesse ottemperare, si troverebbe a pagare una sanzione che può arrivare fino a 250mila euro, si può tranquillamente puntare sul rosso e scommettere sul fatto che le segnalazioni inoltrate dall’Agcom verranno immediatamente tradotte nella rimozione dei contenuti controversi, e magari nell’oscuramento di tutto il sito. Interi blog di informazione, pieni di citazioni, di clip multimediali e di composizioni fotografiche, potrebbero scomparire dal 1 di aprile, data di entrata in vigore della normativa. Scavalcando a volo d’uccello l’unico potere che secondo la Costituzione può limitare la libertà di espressione: la magistratura. E purtroppo non si tratterà di un pesce d’aprile. Ed è notizia dell’ultima ora che, in un documento confidenziale inviato al Governo italiano nientemeno che dal vicepresidente della Commissione Europea Maros Sefcovic, Commissario alle relazioni istituzionali, si chiede alle autorità italiane di chiarire in che modo intendono garantire la protezione dei diritti fondamentali dei cittadini nell’applicazione del regolamento Agcom. (vedi: “Il web ha un mese e mezzo di vita“).
Come se non bastasse, sempre nell’ottica di agevolare lo sviluppo delle nuove tecnologie e la diffusione della cultura digitale, il decreto del Consiglio dei Ministri di venerdì scorso ha escluso l’editoria elettronica (i produttori di ebook) dalle incentivazioni per l’editoria. E ha già annunciato che la settimana prossima varerà un nuovo decreto che imporrà balzelli sugli smartphone, sui tablet e sui pc, per un ammontare complessivo che nel 2014 assommerà a cento milioni di euro. Anziché spingere l’Italia e gli italiani verso la modernità, nel doveroso tentativo di mettersi perlomeno in scia con il progresso tecnologico che sostiene i popoli degli altri paesi del mondo nella loro domanda di competitività, il “progressista” Enrico Letta assesta con il suo Governo i colpi più devastanti che la storia degli attacchi alla Rete in Italia ricordi, caratterizzandosi come uno degli alfieri delle lobby più cinico e spietato, e come uno dei nemici della conoscenza distribuita, dell’innovazione e della mobilità sociale che le nuove tecnologie consentono, più ostile e oscurantista. Quanto costerà tutto questo alla nostra economia, in termini di ritardo nello sviluppo e dunque in termini di ulteriore perdita di produttività, purtroppo, lo scopriranno ancora una volta i nostri figli.CLAUDIO MESSORA, 17/12/2013"""""""""

sabato 14 dicembre 2013

AUGURI A DIRPUBBLICA IN OCCASIONE DEL CONGRESSO NAZIONALE DEL 15 DICEMBRE 2013 A MOGLIANO VENETO (TV)

                                (nella foto: Giancarlo Barra, Segretario Generale di DirPubblica)

In occasione del Congresso Nazionale della Federazione che si terrà domani a Mogliano Veneto (TV) rivolgo i migliori auguri di buon lavoro e un caro saluto a Giancarlo Barra e a tutti gli amici di DirPubblica.

Roberto Fasciani

mercoledì 4 dicembre 2013

DOPO L'USCITA DELLO SNAISC (SINDACATO DEGLI ISPETTORI DI COOPERATIVE) DALLA FLP, MARIO VENTRE (SEGRETARIO GENERALE DELLO SNAISC) TRACCIA IL FUTURO DELLA CATEGORIA

                       (nella foto: il Segretario Generale dello SNAISC Mario Ventre)
 (foto e articolo tratti dal nuovo sito ufficiale SNAISC www.snaisc.it )
 (pubblicato dallo SNAISC il 1.12.2013)

"Cari Amici,
come ben sapete l’attività dello SNAISC è stata condizionata da molteplici eventi non propriamente positivi, in particolare, le divergenze sorte in seno alla segreteria hanno generato una lunga paralisi di gestione, fatta eccezione per il noto periodo di crisi dovuto al fermo dell’attività revisionale imposto dal Mise agli Ispettori di provenienza Lavoro, dove sembrava si fosse ritrovato la precedente compattezza, per poi ritornare ai vecchi problemi.
Dopo attenta analisi e riflessione, i componenti della segreteria De Angelis Valeriano, Mazzeo Gerardo, Achille Perrucci, Alessandro Serra per delega e Mario Ventre, riuniti in quel di Pescara nella giornata di sabato 26 ottobre 2013 sono arrivati alle seguenti conclusioni:
1- Annullare gli accordi sottoscritti con FLP, atteso che questa in alcune occasioni ritenute fondamentali per la categoria degli Ispettori di Cooperative non ha avuto un comportamento coerente con gli impegni sottoscritti;
2- Rilanciare l’azione del sindacato previa rivisitazione della struttura organizzativa e delle modalità operative;
3- Concentrare la propria missione su pochi punti ritenuti fondamentali e urgenti per garantire la continuità dell’attività e la massima espressione di professionalità dell’azione di vigilanza.
Per realizzare quanto sopra è stato, altresì, deciso di adottare organismi di governo snelli e funzionali, per cui oltre alla segreteria Nazionale saranno nominati i coordinatori di territorio (Regionali e Provinciali).
Per cui lo SNAISC ritornerà alle proprie ORIGINI e alla propria AUTONOMIA sia funzionale che finanziaria.
Nei prossimi giorni sarà lanciata una massiccia campagna di adesione, da rinnovarsi anche per gli attuali iscritti all’organizzazione, ritenendo non più valide le adesioni per il tramite di FLP.
Le modalità saranno rese note per mezzo dei canali informatici (Sito Ispettori, Newsletter, Mail, Facebook, Twitter e Forum).
Nell’immediato è previsto di segnalare sia al MISE sia al Ministero del Lavoro una proposta di nuova convenzione, frutto di un lavoro da noi svolto già da diverso tempo e segnalato ad oggi esclusivamente a un referente politico.
Nei primi mesi dell’anno nuovo è in programma un convegno tra gli ispettori di Società Cooperative (MISE, LAVORO e AGENZIA ENTRATE) quale momento di conoscenza, confronto e crescita professionale.
Le ulteriori azioni da intraprendere saranno rese note di volta in volta.
In ultimo appare necessario formulare le scuse a tutti i colleghi che hanno sempre creduto e sostenuto lo SNAISC nella propria missione anche quando non c’è stata la massima rappresentanza.
Per il Coordinamento Nazionale
Mario Ventre
"

www.snaisc.it 

 

Allo SNAISC un grande in bocca al lupo da parte del "nonno".
Roberto Fasciani

venerdì 29 novembre 2013

SABATO 30 NOVEMBRE 2013, ORE 17,30, MILANO, VIA DUCCIO DI BONINSEGNA 21/23 (MM1 BUONARROTI) CONFERENZA DEL PROF. FRANCESCO INGRAVALLE SU WERNER SOMBART "MERCANTI ED EROI"

Ricevo dall'Avv. Andrea Benzi, Segretario Nazionale dell'ANVG Associazione Nazionale Volontari di Guerra e volentieri pubblico, invitando tutti a partecipare numerosi.
Roberto Fasciani

"""""""""Ricordo a tutti l'evento culturale di sabato 30 novembre 2013, alle ore 17,30 presso la sala pubblica adiacente alla nostra sede di Milano, via Duccio di Boninsegna 21/23.
Sarà con noi il prof. Francesco Ingravalle dell'Università di Alessandria.
Ci parlerà del testo di Werner Sombart "Mercanti ed Eroi".
Per saperne di più sulla figura di Werner Sombart vi invito a leggere la relativa voce su wikipedia.
Ancora ricordo a tutti gli associati e simpatizzanti che il 30 novembre è il termine per il tesseramento 2013. Chi non ha rinnovato l'adesione all'Associazione e chi invece intendesse farlo, deve inviare un contributo di 30 euro all'IBAN sotto indicato (conto corrente postale intestato alla Federazione di Milano)
IT 40 J 07601 01600 000037287208
Un saluto a tutti, vi aspetto aspetto sabato, non mancate.

Andrea Benzi

Presidente della Federazione di Milano dell'Associazione Nazionale Volontari di Guerra"""""""""

giovedì 14 novembre 2013

IL VIDEO DELLA 3^ GIORNATA NAZIONALE DEL SINDACALISMO

Ci complimentiamo con Geremia Mancini (Segretario Confederale dell'UGL) per aver organizzato la pregevole iniziativa. Segnaliamo, tra gli altri, gli interventi e le premiazioni dell'Avv. Andrea Benzi (dal minuto 8:21 al minuto 11:14) e del Sen. Giorgio Benvenuto, politico e storico leader sindacale della UIL (dal minuto 25:55 al minuto 28:11).

Ecco il link del video:
http://www.youtube.com/watch?v=incfhGSuhb0

(nella foto: Giorgio Benvenuto in una assemblea del 1980 all'Alfa Romeo di Arese-MI)

 (nella foto: l'Avv. Andrea Benzi in una recente intervista al TG1)

venerdì 18 ottobre 2013

ASSEGNATO AD ANDREA BENZI , STORICO ED AVVOCATO IN MILANO, IL PRESTIGIOSO RICONOSCIMENTO “AMBASCIATORI DELLA FAME”

Ambasciatori della fame (1892), olio su tela, cm 51,5x73, collezione privata

http://www.zavagli.it/giuseppe_pellizza_da_volpedo.htm

Mercoledì 23 ottobre 2013, a Corridonia (MC) si terrà la 3^ “Giornata Nazionale del Sindacalismo”. Durante l'evento, che mira a valorizzare ogni aspetto del ruolo sindacale senza alcuna preclusione, viene assegnato il riconoscimento “Ambasciatori della fame” che prende il nome dal dipinto di Giuseppe Pelizza da Volpedo (il dipinto anticipa e annuncia il più famoso “Quarto Stato”).Quest'anno il riconoscimento verrà assegnato, tra gli altri, allo storico Andrea Benzi, avvocato in Milano e Segretario Nazionale della ANVG Associazione Nazionale Volontari di Guerra, che ha avuto la capacità e il merito di curare le opere del grande sindacalista FILIPPO CORRIDONI. Il Convegno avrà per titolo : “Il lavoro umano:chiave essenziale di tutta la questione sociale”.
http://it.wikipedia.org/wiki/Filippo_Corridoni



Per leggere le opere di Filippo Corridoni curate da Andrea Benzi , clicca sul seguente link:

http://roberto-fasciani.blogspot.it/2013/10/per-procurarsi-le-opere-di-del-grande.html





PER PROCURARSI LE OPERE DEL GRANDE SINDACALISTA FILIPPO CORRIDONI CURATE DA ANDREA BENZI...

...Inviate alla e-mail dell'AGL agl.alleanzageneraledellavoro@gmail.com la vostra richiesta completa di nome, cognome, indirizzo, paese, numero di telefono, codice fiscale per ricevere il pacco in contrassegno.
Prezzi (spese postali escluse):
  1. F.Corridoni “Il fuoco sacro della rivolta” Ed. Seb, Anno: 2006, Pagine: 360
    euro 20,00
  2. F.Corridoni “Come per andare più avanti ancora” , Ed. Seb, Anno: 2001 Pagine: 284
    euro 18,50
  3. F.Corridoni “Per le mie idee”, Ed. Seb, Anno: 2oo3, Pagine: 225
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    F.Corridoni “Il fuoco sacro della rivolta”
Il volume raccoglie una larga parte della produzione giornalistica corridoniana, apparsa su “L’Internazionale”, “La conquista”, “Gioventù socialista”, “L’Internazionale”, “L’Avanguardia” e “Il Popolo d’Italia”. La presente raccolta rappresenta un quadro tale da rendere completo onore al Corridoni giornalista, affiancandolo a buon diritto al Corridoni sindacalista e al Corridoni eroe di guerra, di cui “Come per andare più avanti ancora…” e “Per le mie idee” sono testimonianza documentale, offrendoci un’idea compiuta del suo percorso biografico e politico



F.Corridoni “Come per andare più avanti ancora”



La prima pubblicazione organica degli scritti di Filippo Corridoni (1887-1915), il sindacalista rivoluzionario che aderì all’interventismo e morì eroicamente in guerra in un assalto alla Trincea delle Frasche. L’attualità del pensiero corridoniano nell’odierno contesto economico e sociale.


F.Corridoni “Per le mie idee”



Dopo la pubblicazione degli scritti politici e sindacali di Filippo Corridoni (“Come per andare più avanti ancora”, Società Editrice Barbarossa di Milano), il passo editoriale successivo porta alla pubblicazione di quanto resta del carteggio corridoniano, proseguendo quindi lo sforzo per restituire al pubblico nazionale una raccolta il più possibile completa di tutto quanto ha lasciato di scritto il sindacalista soldato. Per la stessa casa editrice milanese è uscito infatti, curato da Andrea Benzi, il volume “..per le mie idee” (Lettere, frammenti epistolari, cartoline dal fronte): non solo un contributo fondamentale per leggere la vita dell’ “arcangelo sindacalista”, attraverso il percorso intimo che sempre la corrispondenza è in grado di svelare, dai tempi della giovinezza alla tragica ed eroica morte sui campi di battaglia, ma anche una testimonianza scritta della storia italiana dal 1904 al 1915, storia del movimento sindacale, storia politica, storia economica, sociale e di costume. Un crescendo da tragedia è suscitato dalla lettura di queste lettere, frammenti, brevi e significative cartoline militari, commoventi prove dell’Italia che poneva le proprie basi nel XX secolo, con le sue lotte per la sua definitiva unificazione politica e territoriale, con le azioni sindacali per i diritti, la dignità e l’etica del lavoro, con le guerre per acquisire il suo nuovo ruolo e la sua completa sovranità nel contesto europeo e mondiale, risultati questi, tutti scaturiti dal sangue e dal sacrificio di intere generazioni, dal confronto talvolta anche fratricida delle opposte fazioni politiche e sociali. Dalla gioventù marchigiana e dall’accenno ad uno sfortunato amore nella nativa Pausula, dal 1931 rinominata Corridonia, alle lettere narranti l’incessante azione sindacale a Milano e Bologna, alle cartoline militari scritte dalle trincee del Carso o da qualche provvisorio accantonamento in prossimità del fronte, questa raccolta, purtroppo frammentaria, è tuttavia sufficiente a darci una piena e compiuta idea dell’autore, della sua vita, delle sue passioni e dei suoi pensieri, nonché ci apre alcuni squarci della vita italiana di quegli anni con i suoi protagonisti, destinati a recitare in seguito un ruolo di primissimo piano nelle vicende politiche nazionali, come Benito Mussolini ed Alceste De Ambris, futuro Duce e capo del fascismo il primo, futuro capo di gabinetto di D’Annunzio a Fiume e sostenitore del primo antifascismo il secondo. Qui e là poi, alle lettere ed alle cartoline più “impegnate”, si affiancano altre note di una straordinaria “normalità”, che parlano della vita di tutti i giorni, della famiglia, del lavoro, di piatti di tagliatelle e di vino, veri e propri interstizi o sfondi in cui si sviluppa l’incredibile avventura terrena di Filippo Corridoni, grandissimo eroe umano, prima che eroe sindacalista e soldato. Tutto appare sorretto dall’idealismo più puro e dalla profonda sincerità del personaggio, tutto tende ad un?esasperazione tragica, degna di un moderno guerriero omerico, tutto spinge e trascina, in un’impennata esponenziale di ineguagliabile drammaticità, al momento cruciale della morte violenta in battaglia, cui l’eroe appare quasi consapevolmente predestinato da una vita troppo “dedicata” agli altri ed all’idea, troppo permeata dell’etica del sacrificio: così quel 23 ottobre 1915 muore Filippo Corridoni, in faccia agli Austriaci, esponendosi al loro fuoco. Tutto è in lui impegno, volontà, accettazione di un tragico destino, ma tutto è anche entusiasmo, coraggio, amore e amicizia, dolore sprezzante, talvolta lamento e scoramento, persino impulso politico e rivalità, gelosia ed ambizione, ironia e felicità, come è tipico del combattente integrale che, suo malgrado e per fortuna, vive il suo destino di uomo, agisce e soffre senza tuttavia mai perdersi d’animo, senza mai dimenticare la meta, dando tutto sé stesso.




domenica 13 ottobre 2013

EXPO 2015: LA FOGLIA DI FICO DEI SINDACATI CONFEDERALI E’ TRASPARENTE

E’ con profonda delusione che stiamo assistendo , in questi mesi che ci stanno avvicinando all’Expo 2015, alla squallida e piatta convergenza di ogni forza politica su un ‘ uniforme vulgata riguardante i presunti benefici occupazionali di questa manifestazione.
Chi ancora perde tempo a seguire le occasioni pubbliche in cui compaiono i politici avrà notato come questi siano assidui e immancabili frequentatori delle innaugurazioni, di qualsiasi opera si tratti, fosse pure di un nuovo vespasiano di plastica in un giardinetto pubblico.
E’ frutto cio’ della deteriore americanizzazione all’italiana della vita politica, nella quale la scadenza elettorale e la poltrona da occupare pro tempore sono diventate tutto.
E l’expo 2015 non sta sfuggendo a questa regola. Ci piacerebbe prendercela solo con i politici, ma non puo’ bastare, poiche’ i sindacati confederali sono da tempo in prima fila in questa messa in scena.
Sarebbe facile, quasi come sparare sulla croce rossa, esprimere timori su quali garanzie possa dare un governo regionale diretto da una forza politica che sappiamo quali prove abbia dato di saper essere davvero impermeabile alle infiltrazioni della criminalita’ organizzata.
Ma anche se volessimo dare a questo assetto di governo una seconda chance, non ci pare sia poi stata operata una netta cesura in relazione alla travagliata storia avuta dall’apparato politico chiamato a gestire commissarialmente l’organizzazione della manifestazione. Non possiamo, ad esempio, dimenticare che le cose dal 2008 hanno  cominciato a muoversi solo a partire da quando , nel 2013 l’attuale amministratore ha visto venir meno la presenza di un commissario generale pluriindagato per un lungo periodo e nonostante questo rimasto in sella.
Ma non intendiamo imbastire la solita polemica sul fatto che determinati appalti siano stati comunque, nonostante le buone intenzioni, inquinati dalla presenza di entità imprenditoriali oggetto tuttora di accertamenti da parte dell’autorità giudiziaria.
I posti di lavoro, come il denaro, non profumano. Potrebbe scaturire buona occupazione anche per opera di imprese discutibili. L’importante e’ che quando determinati imprenditori vengono arrestati il soggetto pubblico non pensi solo a metterli in galera e a sequestrare ma a mettere in condizione nuovi soggetti puliti di subentrare e far ripartire i lavori, nell’interesse anche del mantenimento dei livelli occupazionali.
E qui e’ il primo punto storicamente debole della politica e del sindacalismo italiano, incapace di far pesare la propria forza per impedire, ad esempio, che quando questi obbligati passaggi di mano debbano avvenire cio’ accada nella certezza dell’assenza di conflitti di interesse. Facendo quindi pensar male ossia immaginare che qualche prudenza sia dettata da legami non chiari con le precedenti gestioni improvvisamente interrotte dall’intervento della Magistratura. L’esempio dell’ILVA e’ fin troppo vicino ed istruttivo.
Cosa non ci piace dell’intervento sindacale che ha prodotto la firma a fine luglio tra Expo 2015 e Triplice sindacale del protocollo sul Sito Espositivo che frutterà i seguenti posti di lavoro: 340 apprendisti, 195 stagisti e 18.500 volontari?
Non tanto il realismo. Sappiamo bene che e’ dovere di qualsiasi sindacalista, nelle condizioni date, adoperarsi  affinche’ qualcosa si muova. Meglio anche pochi posti di lavoro, anche se precari, che il deserto assoluto e la delocalizzazione che poi significa sfruttamento di altri lavoratori.
Ma qui si e’ davvero esagerato e in maniera scandalosa. L’adozione di quelle tipologie di impiego e solo di quelle snatura ogni visione avanzata di possibile flessibilità finalizzata a una visione moderna del processo di entrata dei giovani nel mondo del lavoro.Il messaggio ò chiaro: i contributi se possibile non vanno pagati, a beneficio delle aziende, qualunque cosa combinino, e anche a scapito dei lavoratori.E significa mettere la firma su un ben preciso concetto: e’ possibile creare nuove occasioni di lavoro solo tollerando il lavoro nero legalizzato. E’ vero, non c’e’ la firma “diretta”delle Istituzioni, sotto quel protocollo. Non ce la possiamo in teoria prendere con nessun responsabile politico. Ma e’ anche peggio: in pratica , con la riproposizione di un vecchio cavallo di battaglia di certo sindacalismo “i problemi li risolvano le parti sociali e il governo se ne stia fuori” di fatto condiviso da forze politiche, di maggioranza e di opposizione, e’ tutto il sistema che ha dato l’avallo politico alla fine del diritto del lavoro. Perche’ d’ora in poi le leggi regoleranno il nulla (il lavoro che non c’e’) e gli accordi tra i sindacati complici il lavoro nero, l’unico che conviene e piace alle aziende.
Da ultimo ci domandiamo come mai da una parte i sindacati seppelliscano le norme sul lavoro e dall’altra gli stessi partecipino a manifestazioni politico-partitiche a sostegno dell’art. 1 della costituzione. Forse questa Costituzione piace cosi’ tanto a loro perche’ finora gli ha consentito impunemente di creare tanti danni alle categorie che dovrebbero difendere? O perche’ si sentono tutelati meglio, nei loro interessi da un articolo fantasma (il 39) che inapplicato e’ meglio che lo rimanga il piu’ a lungo possibile?
E poi, cari colleghi dei sindacati confederali, come mai le vostre proposte contro la disoccupazione giovanile contemplano solo mega assunzioni pubbliche che mai si realizzeranno (per gli evidenti problemi di finanza pubblica) e non invece una precisa critica e proposta alternativa nei confronti di un modello di sviluppo (quello dei grandi eventi come l’Expo 2015 o la TAV o le Olimpiadi presenti e future) che non ha potuto e non potra’ assicurare ne’ uno sviluppo sostenibile ne’ (anche volendo essere minimalisti),tantomeno, stabile e buona occupazione?
Ma ormai la frittata e’ fatta, a Milano. Sappiano i lavoratori, anche quelli che lavoreranno a termine in Expo, che quei sindacati firmatari sono rappresentativi, si, ma solo delle rersponsabilità nel disastro esistenziale che vi procureranno. E che, grazie a dio, non esauriscono di certo il panorama del futuro sindacalismo italiano, dal passato glorioso.

domenica 8 settembre 2013

PER NOI DELL'AGL..........LA CONTRATTAZIONE PUBBLICA......... E' UNA CAGATA PAZZESCA!!!!!

Il governo Enrico Letta I non sembra, ormai tutti ne sono convinti, aver apportato vere novità nell'approccio che da decenni, ormai, le classi dominanti hanno di fronte alla questione del Pubblico Impiego. Questo Esecutivo, in pratica, non ha realizzato finora quasi nulla e il fatto che solo nell' affrontare le emergenze della Pubblica Amministrazione abbia trovato modo di mettere le mani in qualcosa di concreto è l'ennesima dimostrazione, se ce ne fosse stato ancora bisogno, di come tra Centro Sinistra e Centro Destra vi sia accordo solo su un fatto: la PA così come è, deve essere soppressa, lentamente e dolcemente, così come si fa per dei cani che invecchiano inesorabilmente e che ci hanno accompagnato per anni, standosene lì, in un cantuccio, buoni buoni e consumando poco o niente.
Gli stessi Sindacati del Pubblico Impiego, tutti, grandi e piccoli, vecchi e giovani, rappresentativi o meno, sembrano ormai solo patetiche vittime di un destino inesorabile. Costretti a dire qualcosa, a giustificare le trattenute mensili di adesione, ad urlare qua e là, ogni tanto, contro lo scandalo di turno, non sanno neppure loro come giustificare la loro esistenza, che posto trovare nel vecchio presepe, a quale direttore generale portare i loro (nostri) doni.
E , “diciamolo” (come direbbe Ignazio) neanche i semplici dipendenti, più o meno stabili, se la passano meglio, dal punto di vista umorale (anche perchè da quello economico e materiale ormai hanno fatto l'abitudine a una vita di ascesi e preghiera). Continuano a ringraziare e a baciare per terra per avere da così tanto tempo un posto “sicuro” (ovviamente tutti giurano e spergiurano di aver affrontato, in ogni epoca, un durissimo e selettivo concorso, di non aver mai avuto raccomandazioni) , guardano alla Grecia e dicono che no, da noi, simili cose agli statali non potranno mai accadere perchè noi siamo una grande nazione, continuano in maggioranza ad aderire ai grandi sindacati (anche perchè quelli piccoli, che non hanno mai sfondato, o sono fotocopie degli stessi o vivacchiano in vicinanza del limbo del cinque per cento – attenti a non sbilanciarsi perchè la cosa potrebbe costar cara alle successive elezioni rsu – o sono falsamente conflittuali, pronti, se capita l'occasione, nel Pubblico, a vendere di tutto e di più di sé stessi) e, ovviamente hanno votato in massa (e continueranno a farlo) proprio per il Centro Destra e Centro Sinistra a cui da anni danno tutto senza mai aver ricevuto nulla se non la promessa (come le vacche sacre in India) che qualunque cosa accada il posto verrà salvaguardato anche a costo di dover ridursi a brucare solo l'erbetta, qua o là.
Si sentono lamenti sul fatto che sia stata usata l'estate per questa nuova operazione sul Pubblico Impiego ma anche qui siamo all'ipocrisia. La conflittualità vera, in questo settore, per i motivi di cui sopra, è inesistente e ciò che avviene ce lo possiamo aspettare in ogni stagione. I grandi sindacati, tutti politicamente rappresentati, anche da loro ex colleghi, in questo governo, non faranno mai sciopero generale né lo minacceranno. Ce ne è alle viste uno, ad ottobre, dei sindacati alternativi ma, come di consueto è e sarà solo un segnale di debolezza e impotenza, addirittura controproducente per i lavoratori (per le loro tasche) e velleitario poiché, ormai è scientificamente dimostrato, il dipendente pubblico italiano, finchè non sarà sul lastrico, mai e poi mai trarrà conseguenze politiche dalle proprie lotte (e disavventure) sindacali. Pensiamo all'esempio più recente, quello degli esodati, organizzati e fatti sfilare dal sindacato di riferimento del partito che più di ogni altro ha voluto il governo che li ha condannati. Quindi cornuti e mazziati a ciclo continuo e perpetuo, per di più contenti di esserlo (ciò accade quando il partito diventa una religione: muori contento e riconoscente del tuo destino di cui sei stato l'artefice).
L'ennesimo blocco degli stipendi quindi, conseguente al blocco dei contratti. Intendiamoci: dal punto di vista emotivo una persona che vive nel mondo del lavoro e il cui lavoro è difendere i diritti dei lavoratori non può, in prima battuta, non commuoversi e indignarsi per questo abuso continuato cui sono sottoposti da anni i lavoratori pubblici italiani. Ma, in seconda battuta, si capisce, a naso, che c'è qualcosa che non va in questa ribellione che, proprio perchè di lunga data, ormai assomiglia più a un rito che ad altro.
Il blocco degli stipendi, si dice. Un argomento polemico spesso usato da chi giustifica i tagli alla P.A. È che le statistiche dimostrano che, ohibò, negli ultimi anni gli stipendi pubblici sono invece aumentati e, dicono costoro, per di più in maniera insopportabile nei confronti del settore privato.La risposta (ritualmente) è ovvia e semplice. Si fa la media del pollo di Trilussa, non possono essere calcolati assieme gli stipendioni dei dirigenti e gli stipendiucci degli impiegati, non si tiene conto della concomitante crescita del precariato e delle consulenze spesso inutili (in presenza di competenze interne inutilizzate) e, molte volte, elargite agli amici degli amici. Il problema è che questa stucchevole contesa avviene, forse qualcuno se ne dimentica, sul campo di uno stadio in cui, sugli spalti vi è la gran massa dei lavoratori privati e degli imprenditori,dei pensionati privati e dei disoccupati che il posto pubblico lo hanno sentito raccontato solo nelle favole e, al netto di certe reminiscenze, soprattutto da parte della popolazione non esattamente legata agli scambi politico-elettorali che avvengono a Roma. Per cui occorrerebbe rendersi conto che certe polemiche, alla lunga, stancano, riguardando comunque una minoranza che pur vivendo su un altro pianeta condiziona pesantemente l'esistenza di tutti noi.E forse questa è una delle ragioni della scarsa sensibilità dell'opinione pubblica nei confronti delle problematiche di questa parte del mondo del lavoro , attenzione che invece si ridesta quando il cittadino e l'impresa hanno a che fare con la burocrazia. Poi accade che questi votino e mandino al governo i nemici acritici e grossolani di tutto ciò che è apparato pubblico. I quali senz'altro sono poi i soggetti meno adatti a concepire serie e costruttive riforme della pubblica amministrazione. Capito ora perchè chi scrive da anni insiste nell'invitare i lavoratori pubblici ad occuparsi prima della burocrazia e poi, resisi presentabili, anche delle giuste retribuzioni?Certo, una questione di equità stipendiale esiste nella Pubblica Amministrazione e fa parte dell'annoso problema dei bassi stipendi nel mondo del lavoro dipendente italiano rispetto all'Europa. Tema scomodo, fra l'altro. Come farebbero infatti i Sindacati che campano sulla strumentalizzazione dei precari ad ammettere che esiste una parte di precariato per scelta, da parte di quei soggetti che, grazie al fatto di non aver portato i propri cervelli all'ammasso, si sono fatti due conti e hanno capito, per il momento, che passare a un lavoro dipendente non dirigenziale significherebbe iniziare a fare veramente la fame?E, per continuare ad essere impertinenti, come farebbero i Sindacati e i partiti che da anni ci dicono che i dipendenti sono gli unici a pagare tutte le tasse ad ammettere che a conti fatti non può essere materialmente possibile che uno possa davvero mantenere una famiglia con uno stipendio del genere e che quindi è costretto al lavoro nero, quindi a evadere imposte e contributi in combutta col proprio datore di lavoro nascosto (privato)? Perchè costoro non guardano in faccia alla realtà, perchè non propongono, come noi facciamo da tempo, che i lavoratori pubblici possano essere liberati dalle trattenute, eliminando la figura del sostituto d'imposta, che sia consentito loro di poter fare, alla luce del sole, un secondo e un terzo lavoro, senza proibizioni e conseguenze disciplinari o sanzionatori. Perchè non è consentito dal modello costituzionale di Pubblico Impiego? Andiamo. Perfino la Chiesa sta ridiscutendo il celibato per i preti, figuriamoci se in Italia non potrebbe essere possibile modificare le leggi nel senso di dare la possibilità a chi ha voglia di lavorare di farlo nella legalità. Ma, purtroppo, la questione delle retribuzioni insufficienti nel pubblico non finisce qui. C'è troppa corruzione in Italia e non riguarda solo comportamenti dall'Alto. Riflettiamo una buona volta sul perchè gran parte degli uffici che si occupino di controlli, vigilanza e ispezioni in Italia abbiamo così tanti “problemi” a dispiegare le proprie potenzialità. Si, è vero, perchè il potere politico non vuole perdere voti e non ci va con la mano pesante. Si, è vero, perchè avere uffici efficienti richiede risorse e in tempi di spending review queste vengono tolte, con ovvi riflessi. Ma la realtà è anche un'altra: i bassi stipendi sono una tentazione a compiere atti illeciti e quando questi comportamenti sono diffusi si crea un sistema che fa comodo a molti e che spinge tanti a non essere poi così incisivi a richiedere aumenti adeguati, evidentemente perchè certe risorse sono reperibili altrove.E, come noto, molte volte il malaffare e l'economia malata è molto più efficiente degli apparati che si comportano con pulizia ed onestà.Capito ora perchè noi, a differenza degli altri, da tempo sosteniamo che per il dipendente pubblico onesto il nemico da combattere è quello che potrebbe essergli a fianco o albergare nella stanza del direttore? Perchè sosteniamo che la pulizia può venire solo dall'interno perchè solo da lì è possibile accorgersi di cose invisibili dall'esterno, anche da parte di soggetti attrezzatissimi, come la Magistratura e le forze dell'ordine? E che questo sia l'unico modo per arrivare al risultato (retribuzioni dignitose) perchè altrimenti non si è credibili nei confronti dell'opinione pubblica, quella che vota, quella che fa vincere partiti che ancora potrebbero essere conquistati a un'idea di riforma della Pubblica Amministrazione?
Chi ha buona memoria rammenta che l'ultimo vero adeguamento degli stipendi pubblici avvenne di iniziativa dell'ex Ministro Cirino Pomicino, e non per spinta sindacale ma per logiche politiche.Potrebbe essere una scorciatoia interessante ma non più praticabile non tanto perchè l'Italia non è più quella di allora ma, paradossalmente (e drammaticamente) perchè i Sindacati sono ANCORA quelli di allora e incapaci, di conseguenza, di agire in un nuovo contesto e nuove logiche, per i nostri interessi.
E non a caso ciò comporta l'impossibilità da parte loro di sfatare un altro tragico mito la cui presenza blocca in un certo senso l'evoluzione del Lavoro Pubblico e degli addetti che ci sono dentro: la CONTRATTAZIONE.
Cari signori: la contrattazione (nel pubblico) è una cagata pazzesca! Provate a ripeterlo con noi dell'AGL e forse, con un po' di esercizio, potremo iniziare a svegliarci da questa ipnosi collettiva che dura dagli anni ottanta. Non che il risveglio di per sé risolva il problema. Eliminarla è un'impresa immane. Su di essa campano da decenni i Sindacati, le Burocrazie ministeriali, i manager di stato, i monopoli che grazie ad essa hanno cambiato faccia e si sono appropriati del meglio delle aziende pubbliche, con le false privatizzazioni e liberalizzazioni.Addirittura, per celebrarla, da anni è stata concepita una finta dialettica democratica interna, articolata sulle RSU, appetite dagli stessi sindacati per la gran quantità di privilegi che possono garantire (permessi, distacchi, inciuci con i direttori periferici e centrali). Perfino i sindacati conflittuali le venerano , quasi fossero delle istituzioni nate dalla Resistenza e non invece una maniera per ammettere al banchetto dei soldi pubblici sindacalisti fedeli e ruffiani che godono nell'ottenere vantaggi a scapito dei loro colleghi per decenni, entrando come capi classe che segnano sulla lavagna buoni e cattivi e andandosene in pensione, alla fine, col grado di maggiordomi del dinosauro di turno. Una volta con la carriera sindacale si poteva diventare dirigente. Adesso manco quello, perchè sembra drammaticamente crollato, tra i candidati, il livello di alfabetizzazione.
Ma come è possibile contrattare le retribuzioni (e non il nulla, come si usa fare da un po') quando le stesse sono stabilite da una legge dello Stato?E c'è, nel rapporto di lavoro, qualcosa di più importante della prestazione e della corrispondente retribuzione?Se il pubblico deve rimanere tale allora prendiamo atto che la contrattazione (e le piattaforme contrattuali, con o senza richieste di aumenti retributivi) non serve a nulla e è, nella peggiore delle ipotesi, una presa in giro e un imbroglio. Anzi, lo strumento per introdurre,come una flebo, nelle viscere della pubblica amministrazione, delle immonde schifezze che esistono solo in Italia e di cui ci si dovrebbe vergognare. Altra cosa è se si pensa a un altro modello di “pubblico”. C'è ad esempio, in questi giorni, chi ipotizza che anche per i Ministeri possa avviarsi un processo di privatizzazione analogo a quello che interessò le Poste. Ma c'è chi dice che occorra ritornare a un Pubblico senza contrattazione. Cosa che poi è avvenuta per le Amministrazioni “importanti” in Italia , mai toccate, in realtà , dal passaggio dal diritto pubblico a quello privato. Retribuzioni per decreto, quindi, o per contratto “recepito” da un atto politico? Parliamone . Ma...sorpresa: stranamente, avete sentito se in giro esiste qualche sindacato che su questo voglia coinvolgere i lavoratori? Qualche sindacato ha mai protestato relativamente alla differenza di trattamento ricevuta da Amministrazioni diverse, in passato, riguardo al processo di privatizzazione del rapporto di lavoro? No. Perchè?Ovvio. L'amministrazione che rimane pubblica ha un trattamento migliore, il sindacato interno la considera una vittoria da non sbandierare però, perchè , è risaputo, nella PA se godi di qualche privilegio è meglio non farlo sapere poiché a qualcuno potrebbe venir voglia di togliertelo.Ma qualcosa non quadra: le confederazioni cosa ci stanno a fare? Non erano nate per scongiurare i corporativismi, per unire i lavoratori per il progresso di tutta la classe degli sfruttati?Eppure ognuna di esse ha un responsabile per ogni comparto e singola amministrazione.E' evidente che se anche qualche dirigente sindacale inquadrato volesse sollevare, al loro interno, il problema rischierebbe di avere problemi: perdere il distacco, dover tornare alla “produzione”, essere sostituito dal primo che è in fila magari più propenso a farsi gli affari suoi, a non sollevare problemi la cui trattazione è inopportuna.Ma c'è un altro problema. Gran parte dei partiti al governo hanno appaltato ai loro sindacati di riferimento la trattazione di queste questioni. Il parlamentare spesso non capisce nulla di questi problemi e in carenza di input è improbabile che si attivi. Capito ora perchè quando si deve intervenire, per motivi di bilancio, sulla PA, si parla solo di tagli e non di riforme organiche? E i tagli chi li subisce, l'apparato sindacale o il singolo dipendente? Capito ora perchè è interesse vitale del pubblico dipendente italiano se vuole avere un futuro mollare questi sindacati, chiudere il rubinetto, affamare loro così come loro stanno affamando voi?Come AGL lo diciamo dalla nostra nascita e non ci stancheremo di farlo.
Quella del destino dei precari è una commedia che ormai dura da troppe puntate. Come noto i precari servono a questa PA perchè costano di meno rispetto all'assunzione di personale di ruolo. Chi in questi anni (Letta da ultimo ma prima ci aveva provato la Fornero) ha mostrato interesse per le tesi di chi pretendeva l'innalzamento di una barriera anti precariato e ci ha provato, lo ha fatto non per convinzione ma per seguire una moda. Tanto che, come giustamente qualcuno ha detto , spiegandolo bene anche dal punto di vista tecnico, si tratta di “finte” assunzioni.Tutti sanno che il precariato nel mondo del lavoro aumenterà perchè è una esigenza dell'economia (alternative praticabili non esistono e tentativi diversi hanno fallito).
Noi dell'AGL abbiamo deciso di esistere perchè c'è l'esigenza che in Italia qualcuno, anche sul precariato, dica parole di verità e la smetta di prendere in giro i lavoratori (precari e non) e i cittadini. Ripetiamo parola per parola e confermiamo quanto dicemmo già dai tempi della Fornero. C'è una cosa, per noi, da non fare: attribuire valore al lavoro stabile e disvalore al lavoro non stabile. Abbiamo già detto più volte che vanno considerate con il massimo rispetto le esigenze di chi ha o ha avuto il posto fisso e si aspetta di mantenerlo fino ad una pensione che sia più dignitosa di adesso così come di coloro che sono in debito con la società (pensiamo ai precari della scuola) per aver fatto parte, loro malgrado, di una umanità sfortunata in cui sono stati illusi da un miraggio, quello appunto, del posto fisso. Queste fasce di popolazione non vanno punite ma accompagnate verso un miglioramento, graduale , della loro condizione. Sarà difficile (sappiamo quale peso abbia il debito pubblico) ma va fatto innanzitutto per un principio di dignità. Ma arriverà il momento (e su questo dobbiamo deciderci a voltare pagina) che nella società italiana non esistano più i termini “posto fisso” e “lavoro precario” così come oggi intesi. Quella è la direzione verso cui andare, certo, gradualmente. Un lavoratore quindi che abbia sempre una fonte di reddito anche nei periodi di passaggio, la possibilità di cambiare serenamente il lavoro più volte nella sua vita, di fare carriera, di formarsi, di migliorare. Sia nel pubblico che nel privato. E questo, in un prossimo futuro dovrà valere per tutti. Perchè l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, non sul posto di lavoro. Parimenti non dovrà esistere più di fatto il concetto di precario sinonimo di ricattato, malpagato e sfruttato e senza prospettive di serena esistenza. Su questa, che è innanzitutto una battaglia culturale, constatiamo che nessuno è impegnato seriamente. Male, poiché significa che si stanno difendendo rendite di posizione o si sta sfruttando la disperazione delle fasce più marginali del mondo del lavoro. Di solito per guadagnarci sopra e per fini elettorali.
Ripetiamo fino alla noia che di questi tempi occorre essere onesti intellettualmente e rispondere alla domanda: vogliamo fare qualcosa che comporti più spesa pubblica? Dove troviamo i soldi?Per noi vanno reperiti, subito, non con nuove tasse ma con risparmi di spesa proprio nella pubblica amministrazione, salvaguardando tutti gli attuali posti di lavoro e dismettendo pezzi di pubblica amministrazione inutili, ridefinendo le funzioni e attuando una veloce mobilità interna del personale da amministrazione a amministrazione. Proposte più specifiche? Ascoltiamo proprio SU QUESTO e non su improbabili piattaforme contrattuali (con o senza soldi) i dipendenti pubblici , senza la mediazione di sindacati o dirigenti (che potrebbero avere interesse all'autoconservazione) ma, ad esempio, online, in pochi giorni. Non preoccupatevi: chi ci lavora dentro sa come riformare davvero la Pubblica Amministrazione. Perchè i Sindacati non accetteranno mai questa consultazione? Sicuramente ci siete arrivati da soli! Basta con la demagogia pelosa, con le battaglie contro i mulini a vento , come l'evasione fiscale che nessuno di coloro che è al potere vuole veramente combattere poiché significherebbe combattere (ivi compresi i maggiori sindacati)contro sé stessi. Cerchiamo invece di riorganizzare il Fisco in maniera moderna e non bizantina, in modo realistico, semplice e non demenziale e un risultato alla fine l'otterremo. Basta poi con l'invidia sociale che sta riaffiorando con questa polemica sull'IMU.
Noi eravamo (e continueremo a essere) per l'eliminazione per tutti della stessa. Contrariamente a quanto affermato da tanti ideologhi schierati, riteniamo che le imposte non debbano avere valenza punitiva (penalizzare in maniera fine a se stessa le ricchezze accumulate) ma essere modulate in maniera da creare la combinazione più credibile affinchè alla fine della fiera, il risultato sia maggior reddito prodotto e ricchezza generata.
Chi sono in Italia i proprietari di quegli immobili di recente sommersi fino al collo dall'IMU? Fondamentalmente dei risparmiatori (perchè il canale fondamentale del risparmio in Italia è l'investimento immobiliare).E quindi, per lo più, lavoratori. Per di più indebitati per i mutui contratti. Analoghe perplessità abbiamo sempre avuto per altri due totem spesso evocati sempre dalla stessa corrente di pensiero. Le tasse sulle transazioni finanziarie (che aspettiamo ad abolire la Tobin Tax che sta per radere al suolo il mercato finanziario nazionale e i connessi posti di lavoro?) e quelle sul lusso. Non cancellano le ingiustizie ma tagliano le gambe a settori che creano lavoro e reddito, dirottando altrove denaro e investimenti. E creando quindi le condizioni per maggiore disoccupazione, alla lunga e bassi stipendi nel breve. E quando si dice che queste risorse andrebbero a finanziare servizi essenziali, si mente sapendo di mentire. Perchè tutti sappiamo che il grosso di esse (anche nei Comuni, indipendentemente dal loro colore politico) va a alimentare la macchina burocratica, le consulenze concesse a amici degli amici e gli appalti inutili. Le famiglie e i più deboli abbandonati sono e tali continueranno ad essere. Non è possibile che nelle Amministrazioni pubbliche si pratichi costantemente la politica dei due tempi: prima i soldi (da divorare) poi riforme, razionalizzazione, dimagrimento, riorganizzazione (mai visti). E' un gigantesco imbroglio che solo una minoranza degli italiani, per il momento è riuscita a cogliere e a trasformare in controproposta politica. Il risparmio va agevolato, non disincentivato (ci risulta che paesi più evoluti del nostro stiano facendo proprio il contrario ).I proprietari degli immobili interessati continuano (e questo è un danno) ad avere idee poco chiare sulle loro prospettive di risparmio, sul destino dei loro soldi, sull'opportunità o meno di consumare di più.Ricordiamoci delle decine di migliaia di posti di lavoro che stanno andando in fumo nel settore dell'edilizia e capiremo quanto sia urgente porsi il problema di trovare altrove i soldi per garantire giuste retribuzioni ai lavoratori pubblici.
In altre parole, crediamo che ai cittadini interesserebbe sapere di più quando la PA comincerà a essere riorganizzata seriamente e non se qualche ricco in più piange in qualche paradiso naturale o fiscale.
Risparmiamoci quindi annunci di lotte prossime, inutili e non più credibili. Quel che occorre è un intervento chirurgico su obbiettivi mirati, condivisi dai lavoratori, dai cittadini e dall'opinione pubblica. E lasciare al loro destino i sindacati traditori e quelli che, anche in buona fede, sono stati capaci solo di farvi perdere, in tutti questi anni. Prima vi deciderete, cari lavoratori, prima ci riusciremo!

giovedì 11 luglio 2013

SENTENZA PROCESSO BONA. AVV. ANDREA BENZI: "IL GIUDICE E' STATO SEVERO, GIUSTO E CORAGGIOSO"

IL SERVIZIO DEL TG1:
http://news.centrodiascolto.it/video/tg1/2013-07-11/cronaca-giudiziaria-nera/omicidio-fontana-condannato-venti-anni-imprenditore-bo


DA TGCOM 24
http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/lombardia/articoli/1105519/uccise-col-cianuro-20-anni-a-killer.shtml  

"""""""""Uccise farmacista con il cianuro: 20 anni a killer L'imprenditore Gianfranco Bona aveva dei debiti con la sua vittima. Il delitto è avvenuto a Milano


16:09 - E' stato condannato a venti anni di reclusione l'imprenditore Gianfranco Bona, accusato di aver ucciso a Milano, nell'aprile del 2012, il farmacista Luigi Fontana. L'uomo, a cui Bona doveva una somma di denaro,  fu avvelenato con un crodino al cianuro. Il pm aveva chiesto l'ergastolo, il gup di Milano non ha escluso la premeditazione ma ha concesso le attenuanti generiche.Lo stesso pm in requisitoria aveva spiegato che l'imprenditore riceveva "prestiti ad usura" dalla vittima. Bona doveva a Fontana all'incirca 270mila euro che non riusciva a saldare. Durante l'interrogatorio fu lui stesso a confessare che "l'ho avvelenato per non pagare il debito". Ed era stato il farmacista, un mese prima, a fornire il veleno all'amico. Il condannato dovrà infine risarcire i familiari della vittima. Il gup di Milano, Luigi Gargiulo, ha infatti disposto provvisionali di risarcimento a carico dell'imputato di 150mila euro a favore della moglie del farmacista e di 163mila euro a testa per le due figlie.

Il legale del condannato: "Giudice severo e coraggioso" - "Siamo soddisfatti per una sentenza giustamente rigorosa e a breve esamineremo le motivazioni". Lo ha detto l'avvocato di Gianfranco Bona, Andrea Benzi, che commenta così la decisione del gup di escludere la premeditazione e concedere all'imputato le attenuanti generiche. "In questa storia - ha voluto precisare il legale - non ci sono né vincitori né vinti, è una storia di dolore e tragedia e ritengo che ci fossero le attenuanti che sono state riconosciute". Il giudice, ha concluso il legale, "è stato severo, giusto e coraggioso"."""""""""

giovedì 4 luglio 2013

FASCIANI (AGL) : "BENE LA CONSULTA, ORA SI SUPERI IL NEFASTO PROTOCOLLO DEL 31 MAGGIO CON UNA NUOVA LEGGE SULLA RAPPRESENTATIVITA'"

"In passato come AGL avevamo chiesto più volte una riforma del testo dell'art. 19 dello Statuto dei Lavoratori. Quanto accaduto ieri è conseguenza di alcuni ricorsi della FIOM nell'ambito della vertenza FIAT ma il risultato è un passo avanti per tutti i sindacati, come il nostro, non istituzionalizzati, in tutto il settore privato. Ora il passo successivo dovrà essere la sconfitta del tentativo di oligopolizzare la rappresentanza sindacale operato da CGIL,CISL,UIL,UGL (e purtroppo la stessa FIOM) col protocollo del 31 maggio scorso e il varo di una nuova legge che fissi, nel privato, le regole di una corretta determinazione della rappresentatività di tutti i sindacati (e non solo di alcuni di essi, più "graditi" degli altri da parte dei datori di lavoro). Ma non basta: occorre che queste regole determinino una reale incisività del ruolo del sindacato.Garantendo comunque a tutti accessibilità e diritto di tribuna. Non dimentichiamo infatti la nefasta esperienza nel settore pubblico, dove regole , adottate da alcuni anni, apparentemente ineccepibili hanno prodotto lo scadimento dei sindacati rappresentativi al ruolo di capi-classe e/o soprammobili. Comunque impotenti. Se le regole producono una falsa democrazia allora è meglio farle saltare e tornare alla sana e libera dialettica sociale e sindacale."

mercoledì 19 giugno 2013

IL PENDOLO DEL “FARE”: GRILLO TI CI MANDA “A”, LETTA TI METTE “IN” POSIZIONE. MA SI STA PARLANDO DEL “NOSTRO”. RIVALUTIAMO RICUCCI : “FATE TUTTO QUEL CHE VOLETE MA USANDO IL VOSTRO, NON QUELLO DEGLI ALTRI”

Il Decreto del Fare è un bel colpo alle convinzioni di chi pensava che i due PD (+-L) fossero due facce della stessa medaglia. Questi 80 articoli sono talmente eterei e inconsistenti, quasi patetici, che per la prima volta stiamo cominciando a credere che veramente quei due soggetti, prima , fossero, alternativamente, maggioranza e opposizione. Ma del nulla, perché quando le iniziative “incisive” sono di tale portata vuol dire che il faro non è la condizione reale del cittadino ma l’esigenza, per il ceto parlamentare, di prolungare la propria esistenza per il maggior numero di mesi possibili.La novità di questi ultimi tempi è la consacrazione di questo “sacrificio” da una parte come attuazione di una volontà superiore proveniente dal Colle più autorevole e dall’altra come servizio per la sopravvivenza di una democrazia nella quale la volontà di un quarto dell’elettorato si è scoperto essere confluita in un soggetto politicamente non spendibile composto da persone comuni sconvolte dall’improvvisa vincita a una lotteria e che quindi hanno ben altro a cui pensare.Ha ragione chi ritiene che ormai anche la società politica (di poco preceduta dall’economia) si sia sciolta al cospetto della BCE. Ma come pensare che in Italia possa crescere, tra gli attuali nani politici, un soggetto che sia in grado di parlare da pari a pari con i nostri rivali?Non siamo stati ancora in grado di abrogare l’attuale legge elettorale, la classe politica si dimostra impotente e timorosa ad affrontare i nodi delle crisi bancarie (MPS) o della politica industriale (ILVA) per un semplice motivo che tutti hanno compreso ma nessuno vuole ammettere: che sono tutti collusi e tutti a libro paga di quei soggetti. E i nostri colleghi degli altri sindacati (quelli purtroppo che immeritatamente riscuotono un consenso di massa) trascinano masse di lavoratori ormai disperati in manifestazioni parata con parole d’ordine di vent’anni fa oppure predicando un conflitto che mai potrà trovare sbocco politico poiché nessun partito in realtà oggi fa proprie le ragioni di chi produce (divenuta una minoranza).Chiamiamo pertanto le cose con il loro nome: il governo Letta sta semplicemente facendo melina, prendendo tempo, sperando che qualche indice dell’economia ci dica che si stia invertendo la marcia.
Ma chi è critico con questo stallo dovrebbe avere anche la forza di porre sul piatto un argomento che da tempo si sussurra e, speriamo, non si affronti quando ormai sarà troppo tardi e avremo le strade invase dai manifestanti affamati: l’appartenenza all’Europa, l’uscita dall’euro. E’ evidente che le stesse forze che soggiogano il popolo italiano alla BCE vogliano impedire la fine di questa Unione Europea (l’uscita dell’Italia la provocherebbe). Ma il nodo è lì e, poiché la situazione non è riformabile, prendiamone atto.
Sarebbe nefasto che qualcuno approfittasse di questa crisi dell’economia privata per rilanciare il ruolo dello Stato nell’economia. Sarebbe un disastro ancor peggiore, soprattutto in Italia, in cui la Pubblica Amministrazione (per la sua storia) è tra i principali responsabili dello sfascio e della rovina. Piuttosto potrebbe questa essere una occasione unica per azzerare tutto e ricostruirne uno nuovo, più snello e efficiente (altro che i pannicelli caldi, nel decreto, sulla giustizia civile e su Equitalia), mandando a casa innanzitutto i vertici dirigenziali strapagati e miracolati da agganci politici, territoriali, famigliari, alleggerendo i loro assegni pensionistici con un contributo forzoso di solidarietà a vantaggio dei meno abbienti. Meno stato quindi , più mercato e più libertà. Ce lo insegna la storia, non quella italiana dove lo Stato non è mai stato pubblico ma proprietà privata e dove il privato e il mercato non sono stati mai liberi  ma il travestimento delle burocrazie funzionale a continuare a fare il proprio comodo alle spalle dei contribuente. Ce le ricordiamo o no le liberalizzazioni e privatizzazioni all’italiana?Altro passaggio fondamentale: lotta all’oppressione fiscale, ai monopoli (anche nelle professioni) e alla burocrazia. Queste riforme non potranno mai essere realizzate da politici (eletti dagli italiani, soliti ad un uso generoso del loro di dietro) che hanno creato un sistema fiscale demenziale, appartenenti a professioni protette, al vertice di un sistema di potere fondato sulla intoccabilità dei vertici ministeriali (altro che spoils system).

venerdì 3 maggio 2013

LA FESTA (1° MAGGIO) E' FINITA MA CGIL-CISL-UIL NON HANNO RISPOSTO: PADELLA O BRACE?

Non abbiamo voluto intervenire durante la festa del 1° Maggio, festa che onoriamo e rispettiamo, per la storia che rappresenta. Non sta bene infatti né rovinare le feste altrui né delegittimarle o sminuirle. Abbiamo avuto però una netta sensazione. Che sia stata un'occasione di unità si, ma da parte di sindacati superati, che da anni non ne hanno imbroccata una e che non sanno più quali pesci prendere. Fin qui nulla di male. Non si può imputare a sindacati normali, fatti di gente normale, di non saper guardare al di là del proprio naso. Non sono solo loro, ma i lavoratori tutti, preoccupati della propria sopravvivenza. E quando uno ha timore fondato di non farcela a mettere insieme il pranzo con la cena, quando mancano gli zuccheri dal cervello, la fantasia difetta e la capacità di ragionamento rallenta. Capiamo quindi il disorientamento della Triplice ma ciò non significa lasciarli fare, consentire loro, cioè, di portare a fondo definitivamente l'insieme dei lavoratori italiani. La strada da intraprendere è diametralmente opposta a quella che ci hanno indicato da anni, ripetendosi, questa volta unitariamente, nelle rituali manifestazioni e comizi. Il primo errore è considerare il “lavoro” come un oggetto che qualcuno avrebbe nascosto chissà dove. In realtà il lavoro, ossia la società che si muove, è uno stato complessivo che bisogna recuperare al più presto rimettendo in moto la società stessa e l'economia, rimuovendo ostacoli di cui sono responsabili anche le più grandi organizzazioni sindacali. Quel concetto di lavoro non può essere più quel che serve all'Italia perchè puzza di assistenzialismo lontano un miglio. Parliamoci chiaro: questi signori vorrebbero far assumere dallo stato i lavoratori espulsi dal processo produttivo, Pagando i loro stipendi con tasse a carico di chi non è rappresentato e tutelato dai sindacati confederali. Svegliatevi amici: non siamo più negli anni settanta e questa soluzione è improponibile. In realtà quello stesso “lavoro” , nei progetti di questi signori, dovrebbe finanziare le pensioni di coloro che costituiscono un pilastro fondamentale del residuo consenso di quella parte. Se oggi la perdita del lavoro è un dramma in Italia è anche perchè per decenni è stato lavato il cervello a milioni di lavoratori convincendoli che se uno nasce dipendente mai e poi mai potrà cambiare lavoro se l'economia lo richiedesse. Tanta disperazione, rassegnazione e rinuncia, soprattutto nel centro sud, tanti suicidi assurdi discendono proprio dalla diffusione di questa scellerata ideologia, incapace di costruire una umanità che pratichi un giusto mix tra collettivismo e individualismo. Il Paese è stanco di essere preso in giro dai sindacati e dalla classe politica di governo. E' dal dopoguerra che è noto a tutti coloro che, anche poco, si interessano di questi argomenti, che quando si afferma di voler reperire le risorse necessarie dalla lotta all'evasione fiscale è come se si dicesse che quei soldi non verranno recuperati mai. Stranamente si fa passare in secondo ordine l'Europa , quando è la prima a ricordarcelo. Dire che si vuole redistribuire il reddito tramite le risorse disponibili (?!) provenienti dall'evasione è come assicurare i meno abbienti che per loro continuerà a non farsi un bel nulla. Imperdonabile, ciò, quando detto da un capo sindacale, quello deputato, in democrazia, a rappresentare e tutelare i lavoratori. Finchè non si metteranno in testa che il lavoro non si crea da assunzioni dirette dello Stato o da parte di aziende assistite dallo stato ma unicamente dalla ripresa di aziende capaci di crescere nella competizione, dell'Italia di oggi dimostreranno di non aver capito nulla. L'Italia non è né morta, né viva né moribonda. Noi pensiamo semplicemente che sia ferma e che ancora da essa non sia emersa una classe dirigente (economica, politica e sindacale) in grado di portare fuori dalla palude una popolazione anch'essa colpevole, per ignavia, dello sfascio e che dovrà dimostrare, riappropriandosi di un ruolo partecipativo, di meritare di sopravvivere. Più volte abbiamo detto che il nodo della crisi italiana è nello Stato (assunzioni clientelari e sistema fiscale demenziale, generatore di evasione, in primis) e nelle Banche. E' da lì che occorre iniziare per costruire un Paese nuovo. Si tratta di soggetti oggi forti e autoreferenziali che difficilmente cambieranno. I sindacati farebbero bene a lasciar perdere le piazze e a dire direttamente che cosa hanno in mente per cambiare il Paese in quei due gangli fondamentali. Il resto sono chiacchiere e illusioni. Ebbene né il primo maggio né in precedenza abbiamo avuto concrete risposte. Male, perchè non c'è più tempo, la gente non ha più pazienza e ormai non si fa impressionare più neppure dalle Istituzioni. Temiamo che questo governo di grande coalizione, più che di una occasione per tirarsi su le maniche e darsi da fare per salvare il Paese (un po' come avvenne per gli angeli del fango dell'alluvione di Firenze, magari fosse cosi!) sia in realtà un grande alibi per chi è stato incapace finora di risolvere i problemi e una maniera di guadagnare tempo per chi (potendoselo permettere) abbia necessità, il prima possibile , di portare al sicuro, all'estero, soldi, risorse e imprenditorialità. Tra poco, quindi, l'evasione fiscale potrebbe essere un problema definitivamente risolto per emigrazione senza ritorno (portandosi dietro il malloppo) di chi ha evaso. Nulla sul reddito minimo garantito, nulla sulle zone franche fiscali per lo sviluppo, nulla sull'abolizione dell'Irap. Certo, dell'Imu si parla, essa sembra il fulcro dello scontro. Perpetuando l'Imu probabilmente rovineremo coloro che non avendo liquidità dovranno vendersi casa (sottocosto agli speculatori) per pagarla (faccia molta attenzione, la Triplice: la sua platea è in gran parte quella di proprietari di case). Mantenendola consentiremo ai Comuni di non fallire smettendo di fornire servizi essenziali. Altro modo concreto di trovare questi soldi, se notate, non l'ha indicato nessuno. Manca un progetto, da parte di chiunque, che sia credibile e che permetta ai lavoratori di sposare l'una o l'altra tesi. Chi ha governato ha le sue colpe. Ma anche chi doveva fare opposizione e costruire una alternativa non ci sta proponendo altro che la scelta (valga per tutti proprio l'esempio dell'Imu) se finire in padella o nella brace. Diciamo qualcosa di impopolare: se una classe dirigente è l'espressione di un popolo (che l'ha votata o quanto meno le ha consentito, senza ribellioni, di conservarsi e, per la parte che ci interessa, di essere pungolata da sindacati di marzapane) non sarà forse il popolo italiano (gran parte di esso) ad avere qualche problemino nella propria mente e nella sua forza di volontà?

giovedì 11 aprile 2013

AL VIA A MILANO IL PROCESSO PER L'AVVELENAMENTO DI UN FARMACISTA DA PARTE DI UN IMPRENDITORE DELL'AUTOTRASPORTO: IPOTESI INQUIETANTI AL VAGLIO DEI GIUDICI


Molti ricorderanno il fatto di cronaca che ebbe qualche tempo fa risonanza nazionale. L'anomalo omicidio, tramite avvelenamento, da parte di un imprenditore in difficoltà dell'”amico” farmacista.
La vicenda torna alla ribalta (lo testimonia l'articolo apparso ieri sulla cronaca milanese di Repubblica e che qui riportiamo) perchè è arrivato il momento dell'inizio del processo. Saranno i giudici a dirimere la questione e non sarà un compito facile. Certo, la linea difensiva dell'imprenditore scelta da parte dell'Avvocato Andrea Benzi, del Foro di Milano, se le gravi ipotesi che innanzitutto la Squadra Mobile ha avanzato (delitto consumatosi all'interno di un giro di usura in cui sono coinvolti anche pregiudicati appartenenti a clan mafiosi) saranno confermate dai giudici , non potrà non dipingere anche un preoccupante affresco delle condizioni nelle quali la piccola impresa oggi si trova a operare nel nostro Paese, in particolare al nord. L'imprenditore, Gianfranco Bona, era a capo di una impresa dell'autotrasporto che contava una ventina di dipendenti. Il nostro Sindacato, l'AGL, si è adoperato in prima persona, nei mesi scorsi, tramite accordi individuali stipulati in sede sindacale, affinchè per i lavoratori fosse garantita una uscita indolore dall'azienda ormai cessata e a rischio di fallimento. Una vicenda amarissima che dimostra come due questioni, pur da tempo all'ordine del giorno della polemica politica (le Pubbliche Amministrazioni che non saldano i propri debiti con le imprese fornitrici e il ruolo sconcertante da parte del sistema bancario nel creare più difficoltà possibili al sistema delle imprese e ai suoi lavoratori) irrisolte per mancanza di volontà da parte di chi ha governato finora il Paese, stanno mietendo vittime (pensiamo ai suicidi) tra imprenditori, professionisti e soprattutto i lavoratori e le loro famiglie che finiscono sul lastrico. In Italia si suol dire che il potere pubblico si muove tardi sulle situazioni più a rischio e solo quando ci scappa il morto. Ecco, qui non solo i morti ci sono da mesi ma abbiamo l'impressione che un po' tutti ci stiamo facendo l'abitudine. Non solo quindi un paese in decadenza per la crisi globale ma, purtroppo , un'Italia che sta sempre più sprofondando nell'indifferenza, nella violenza e nella barbarie. Inutile dire che se è la mafia l'unico prodotto italiano per il quale va a gonfie vele sia l'esportazione (valga a dimostrarlo l'ultimo libro di Saviano in cui si osserva che il modello italiano è sempre più il punto di riferimento per le più spietate cosche nel mondo) sia il mercato interno (assieme all'usura può entrare nelle vite di tutti, come questo fatto di cronaca conferma) allora sono in pericolo la convivenza civile e la democrazia. E significa pure che la spinta propulsiva delle vecchie associazioni anti mafia e anti usura forse si è esaurita e finalmente è arrivata l'ora che ogni partito, ogni sindacato (come noi dell'AGL), ogni organizzazione datoriale, ogni ordine professionale debba prendere in mano queste bandiere, senza più delegarle ad avanguardie solitarie.