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martedì 24 aprile 2012

LE PROPOSTE DELLA CSE, ALTERNATIVE AI LICENZIAMENTI ECONOMICI DEI DIPENDENTI PUBBLICI


IL MINISTRO PATRONI GRIFFI PROSPETTA
LICENZIAMENTI “ECONOMICI” NELLA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.
SIAMO TORNATI AL VECCHIO GIOCO AL
MASSACRO DEI DIPENDENTI PUBBLICI??
Eppure i lavoratori pubblici italiani sono sempre meno, guadagnano
meno di quelli greci e hanno i contratti bloccati da quasi tre anni.
Il dramma di un governo incapace di incidere sui costi della politica,
sugli sprechi e sulla riqualificazione dei servizi pubblici che si affida
alla demagogia. Intanto l’Europa da il via libera agli accordi Rubik
con la Svizzera ma il nostro governo non muove un dito….
Mentre il “virtuoso” governo tedesco accorda ai dipendenti pubblici il 6.3 per cento
di aumento nei prossimi due anni, il Ministro per la Pubblica Amministrazione Patroni Griffi,
in un’intervista all’Avvenire, dichiara che entro l’estate vi saranno licenziamenti
economici” di dipendenti pubblici italiani, per ridurre la spesa pubblica, salvo fare una
parziale (molto parziale) marcia indietro il giorno successivo.
Siamo forse ricaduti nella caccia indiscriminata al dipendente pubblico alla quale
abbiamo assistito negli ultimi quattro anni da parte del ministro Brunetta?? O è solo il
bisogno di dire qualcosa che sia gradito alla pancia degli italiani, ormai stanchi
dell’incapacità di questo governo di lottare contro la spesa improduttiva per effetto dei veti
politici?
In attesa di avere una risposta ufficiale, al tavolo di trattativa aperto in Funzione
Pubblica dal Ministro stesso, proviamo a mettere in fila un po’ di dati:
le ultime statistiche Eurostat indicano che la spesa per i dipendenti pubblici in Italia
è inferiore a quella degli altri paesi europei e i lavoratori del pubblico impiego in
Italia guadagnano in media poco più di 23.000 euro lordi annui contro il doppio di

paesi come Germania, Olanda e Belgio, i quasi 40.000 euro dei francesi e i 30.000
euro lordi annui dei…..greci (si, avete letto bene, i greci);
negli ultimi tre anni in Italia sono stati bloccati gli stipendi dei lavoratori pubblici con
una riduzione del salario reale che si aggira intorno al 10 per cento;
nel 2011, per la prima volta, la spesa per stipendi in Italia è calata anche in termini
nominali, cioè non solo guadagniamo meno in termini reali ma i nostri stipendi si
abbassano per il taglio del salario accessorio e la mancata sostituzione dei pensionati,
anche in settori delicati come quello dei servizi alla persona, giustizia e fisco.
Ma allora di cosa parla il Ministro Patroni Griffi?? Perché se vuole diminuire la spesa
pubblica non abolisce le province, non taglia i costi della politica, non approva una seria
legge anticorruzione, che ci porta via 60 miliardi di euro ogni anno?? Se i partiti che
sostengono questo governo non glielo lasciano fare è possibile che debbano farne le spese
sempre i dipendenti pubblici, capri espiatori di una politica che non funziona?
E perché non presenta un piano industriale serio per la pubblica amministrazione,
visto che questa non ha certo bisogno di tagli ma di revisione profonda delle missioni, della
rimotivazione del personale e anche di una riforma vera che non sia a costo zero?
Se le aziende non investono in Italia è perché la giustizia non funziona anche a causa
della carenza di personale; se ci sono 120 miliardi di euro di evasione fiscale è anche perché
il personale del fisco si è ridotto del 15% per cento negli ultimi anni; e quanti introiti
potrebbero arrivare dal turismo se ci fossero investimenti pubblici seri nel campo dei beni
culturali?? Per non parlare degli sprechi delle società partecipate dagli enti territoriali o del
peggioramento dei servizi sociali e alla persona, oggetto di continui tagli che penalizzano le
fasce più deboli della popolazione.
Di questo dovrebbe occuparsi un ministro della Pubblica Amministrazione anziché
invocare licenziamenti per motivi “economici”, e provvederemo a ricordarglielo, con
proposte concrete, non appena tornerà a riunirsi il tavolo di trattativa aperto in Funzione
Pubblica.
Eppure i soldi ci sarebbero anche a prescindere dagli sprechi: è notizia di questi
giorni il prossimo via libera dell’Europa agli accordi Rubik. Cosa sono?? Sono gli accordi che
da almeno due anni la Svizzera propone a tutti i paesi europei per la tassazione dei capitali
anonimamente esportati e che prevedono la tassazione alla fonte da parte della nazione
elvetica in cambio del mantenimento dell’anonimato. Gran Bretagna e Germania hanno già
chiuso accordi di questo genere applicando aliquote che vanno dal 19 al 30 per cento e
stanno già incassando miliardi di euro. L’Italia invece no, chissà perché. La scusa sinora è
stata che non piacciono all’Europa ma come era facile prevedere, se sono stati stipulati
dalla Germania prima o poi l’Europa avrebbe dato il via libera. La CSE sta chiedendo da
tempo di concludere un accordo bilaterale che dovrebbe portare, a seconda
dell’aliquota che si potrebbe applicare, dai 40 ai 100 miliardi di euro nelle casse dello
Stato (dai dati delle banche svizzere ci sarebbero dai 150 ai 400 miliardi di euro italiani
depositati anonimamente), oltre a un flusso costante di denaro derivante dalla
tassazione delle rendite che questi fondi producono.
Cosa sta aspettando ancora il nostro governo a prendere questi soldi e investirli nella
crescita di un paese in completa stagnazione anziché parlare di licenziamenti di lavoratori
pubblici??
LA SEGRETERIA GENERALE CSE

lunedì 9 aprile 2012

ROBERTO FASCIANI, LA CSE SETTORE PRIVATO NAZIONALE, LO SNAISC-FLP-CSE NAZIONALE, L'UFFICIO PERIFERICO DEL CAF LAVORO E FISCO CAMBIANO SEDE: VIA G.BONI 26, MILANO

avviso che a partire da martedì 10 aprile 2012 le sedi mia personale, della CSE Settore Privato Nazionale, dello SNAISC-FLP-CSE nazionale, dell'Ufficio Periferico CAF Lavoro e Fisco di cui sono responsabile  non saranno più a Milano, Via Pietro Calvi 25 

ma

c/o lo Studio Legale Avvocato Andrea Benzi
Via Giacomo Boni 26
20144 MILANO
(scala destra, 2° piano)

apertura dal lunedì al venerdì, dalle ore 10,00 alle ore 18,30 (vi è la possibilità che si sia presenti oltre le 18,30)

Per il telefono fisso 0243912791  fax fisso 0243916939
Restano fermi i nostri 4 cellulari, il fax telematico e gli indirizzi e-mail.

COME CI SI ARRIVA CON I MEZZI PUBBLICI:

alternativamente:

  • BUS 58 (fermata Via Costanza-Via Washington)
  • BUS 61 (fermata Via Washington-Via Costanza)
  • BUS 50 (fermata Via Foppa)
  • BUS 90 (fermata Piazza Tripoli)
  • BUS 91 (fermata Piazza Tripoli)
  • METROPOLITANA 1 (ROSSA) fermata “Pagano” (da lì prendere il 61)
Aggiungo, per i milanesi, che siamo in zona Via Washington.

Veniteci a trovare al più presto!

Roberto Fasciani

IL YA 30 ANS, GILLES.......

CSE SU RELAZIONI SINDACALI PUBBLICO IMPIEGO E APPLICAZIONE NORME SUL MERCATO DEL LAVORO

Nella mattinata di oggi (4 aprile, n.d.r.) è proseguito il confronto fra Ministero della Funzione Pubblica e OO.SS. Confederali sulle problematiche afferenti la ripresa della percorso sulle relazioni sindacali nel Pubblico Impiego e la applicazione delle norme sul mercato del lavoro, in ragione della prossima emanazione di uno specifico DDL che giungerà a valle di un percorso di natura politica che ha visto e vedrà ancora notevoli sviluppi.
In ogni caso, la riunione di oggi è partita dall’esame di due documenti presentati dalla Funzione Pubblica, uno legato all’ipotesi di protocollo di intesa in materia di relazioni sindacali ed uno connesso agli interventi sul mercato del lavoro pubblico e dei quali abbiamo fornito notizie e valutazioni con il notiziario 7 del 30 marzo u.s.
Nello specifico, sul primo punto, quello legato al protocollo di intesa sulle relazioni sindacali, è stato consegnato un nuovo testo nel quale vengono inserite le rappresentanze delle Regioni e degli Enti Locali, quali parti integranti del protocollo di intesa e, cosa importantissima e sulla quale eravamo intervenuti nel precedente incontro, viene eliminato ogni il riferimento all’accordo del 4 febbraio 2011 relativamente ai sistemi premianti e di incentivazione.
E’ di tutta evidenza che questa scelta operata dalla Funzione Pubblica apre una fase diversa e di maggiore fluidità rispetto a quella precedente e consente di proseguire il negoziato sgombrando il campo dal “macigno” costituito da quell’accordo e dalle divisioni che ne sono scaturite sul fronte del contenuto e del metodo adottato dall’allora Ministro Brunetta.
In ogni caso, una prima analisi del documento consegnato consente di delineare almeno due ordini di problemi sui quali, per altro, si è incentrato l’intervento della delegazione CSE, e cioè quello relativo alla individuazione di un percorso di carattere metodologico per addivenire allo “sblocco” dell’attuale sistema e, nel merito, sugli argomenti da inserire e sugli strumenti da adottare.
Sul percorso, come CSE abbiamo segnalato la necessità di rendere il lavoro dei tavoli tecnici, più proficuo ed incisivo, passando da una fase come quella attuale di enunciazione dei principi ad una fase stringente nella quale si mettono sulla carta gli argomenti e soprattutto gli impegni di merito; in questo contesto abbiamo ribadito il nostro impegno per una modifica della legge 150/2009 soprattutto in quelle parti che riguardano le relazioni sindacali (contrattazione, concertazione e informazione), il sistema premiale e la disciplina, mentre sul c.d. “spending review” abbiamo confermato il nostro orientamento verso la ripresa di un vero e proprio percorso contrattuale, non solo legato allo sviluppo degli integrativi nei vari comparti di contrattazione.
In questo contesto, come soluzione alternativa, abbiamo apprezzato  la proposta emersa da altri interventi e legata ad una possibile “ultrattattività” degli attuali contratti nazionali di comparto che, in attesa di una ripresa formale in sede Aran, possa costituire un viatico per rendere proficuo il percorso di confronto nelle varie Amministrazioni Pubbliche sui diversi argomenti connessi alle relazioni sindacali, senza il “mattone” posto dalle norme varate dall’allora Ministro della P.A. Brunetta.
Sulla problematica legata agli “interventi sul mercato del lavoro pubblico”, come CSE abbiamo preso atto del documento presentato dalla F.P. in data 29.3.2012 che in buona sostanza mette in linea gli istituti legati alle tipologie di lavoro flessibile utilizzate nel pubblico (lavoro a tempo determinato, collaborazione coordinata e continuativa, collaborazioni professionali e partite IVA), rappresentando altresì che riteniamo assolutamente indispensabile affrontare il tutto, solo a valle della emanazione dell’apposito DDL di cui occorre comprendere gli approdi finali e nel quale, come CSE, ci auguriamo sia contenuta una particolare indicazione che consenta di svolgere il confronto sul merito e sulla applicazione dei provvedimenti fra Ministro della PA e parti sociali.
In ragione dei prossimi appuntamenti, la delegazione della CSE si è riservata di produrre una specifica proposta contenente i punti salienti sui quali intende far convergere il lavoro dei tavoli tecnici, proposta che non mancheremo di far pervenire alle nostre strutture nazionali e territoriali.
Per opportuna conoscenza si allegano i documenti pervenuti dalla F.P.
LA SEGRETERIA GENERALE CSE

martedì 3 aprile 2012

IL NO DELLA CONFEDERAZIONE CSE AD UN TAVOLO… A PERDERE!

Man mano che entra nel vivo il confronto sui contenuti del nuovo protocollo d’intesa proposto nei giorni scorsi dal Ministro della Funzione Pubblica alle OO.SS., assume purtroppo maggiore contezza la nostra sensazione iniziale. Che è negativa, basata sul fatto che ogni giorno di più, riunione dopo riunione, prende corpo l’ipotesi di una proposta governativa mirata principalmente a recepire nel settore pubblico i contenuti del disegno di legge di riforma del mercato del lavoro (con annessi e connessi), a gestire la mobilità derivante dai processi di destrutturazione della pubblica amministrazione, inserendo il tutto in una cornice quale quella di un protocollo d’intesa sulle relazioni sindacali che però con le proposte a tutt’oggi formulate appare tutto al più un contentino privo com’è di proposte e modifiche aventi reale efficacia e valenza.
A conferma di quanto affermiamo,  nella riunione di ieri 29 marzo 2012  i rappresentanti del Dipartimento hanno consegnato alle OO.SS. una bozza di protocollo fumosa, caratterizzata su alcuni aspetti da mere dichiarazioni d’intento, su altri da affermazioni vaghe ed omissioni. Da un lato infatti, nel documento si riconosce che le retribuzioni dei lavoratori pubblici sono state bloccate e il potere d’acquisto fortemente colpito, dall’altro però si glissa sulle questioni dello sblocco del contratti, ipotizzando al massimo un’operazione di manutenzione della contrattazione integrativa mediante l’utilizzo delle scarsissime – e tutte da reperire – risorse che dovrebbero derivare dal cosiddetto meccanismo dello “spending review”. Nessuna seria modifica è prevista rispetto alle norme punitive delle leggi Brunetta sia con riferimento al sistema di erogazione del salario aziendale che rispetto al sistema di relazioni sindacale ed alle materie di contrattazione. Un documento talmente insoddisfacente che ha registrato, pur con tutte le cautele del caso, una serie di “precisazioni”, per non dire altro, da parte dei rappresentanti delle Regioni e degli Enti locali che pure siedono al tavolo delle “controparti”.
Per la CSE, se veramente si intende riprendere un percorso virtuoso di rilancio della pubblica amministrazione e sul ruolo del personale, è necessario abrogare le norme punitive del D.L.vo 150, ridare slancio e preminenza alla contrattazione come strumento per governare i processi di riforma, garantire nel rispetto della carta costituzionale eguali diritti e doveri a tutto il mondo del lavoroE inoltre bisogna:
- sbloccare i contratti per difendere il potere d’acquisto dei lavoratori pubblici, ridando fiato all’economia con la ripresa dei consumi, oggi fortemente compressi;
- ridare autonomia ai diversi soggetti contrattuali mediante il rilancio e il potenziamento della contrattazione integrativa di ente e territoriale.
Sull’altro aspetto, al momento per il Governo assolutamente preminente, quello per intenderci del recepimento nel settore pubblico delle norme inserite nel DDL di riforma del mercato del lavoro, la Funzione Pubblica si è limitata ad una presentazione “orale” delle materie che dovrebbero essere al centro del riordino, rimandando a lunedì 2 aprile l’invio della bozza di lavoro.
Su questo argomento la nostra posizione come CSE è chiara ed è stata già ufficializzata con il comunicato n. 6 del 27 marzo u.s.
In un paese come il nostro, che ha i più bassi livelli di tutela contro i licenziamenti, sarebbe il caso di aumentarle le tutele, altro che ridurle o piuttosto toglierle. Pensare di monetizzare il licenziamento, nel pubblico come nel privato, è sbagliato, rende sempre più squilibrato il rapporto tra lavoratore dipendente e impresa, mette in discussione il futuro e le condizioni di vita di chi perde il lavoro.
Gli altri aspetti del DDL sul mercato del lavoro, quelli per intenderci sul superamento della precarizzazione e della flessibilità mascherata, per stessa ammissione dei rappresentanti della Funzione Pubblica, dovrebbero essere nel pubblico affievoliti o addirittura non ricompresi, perché in questo settore vige la norma di accesso mediante pubblico concorso e quindi il divieto di stabilizzazione… Il recepimento quindi dovrebbe operare su alcuni aspetti e non certamente su quelli migliori.
Ancora una volta sui lavoratori pubblici dovrebbe gravare il peggio della normativa del pubblico e il peggio di quella del privato! Come si vede la situazione è tutt’altro che rosea e desta forte preoccupazione l’ottimismo delle solite OO.SS. (in primo luogo CISL, UIL e CONFSAL) che nei loro interventi e nei comunicati diffusi hanno di fatto sostanzialmente condiviso l’impianto. Evidentemente dopo i guasti prodotti con il consenso alle leggi Brunetta e al pastrocchio denominato “accordo” del 4 febbraio 2011, nonostante la batosta ricevuta alle elezioni RSU 2012, non hanno perso nè il pelo e nè il vizio.
Abbiamo comunque la consapevolezza che nei prossimi giorni sulla base dell’evolversi degli avvenimenti, dovremo essere pronti, con tutte le nostre strutture e a ogni livello, ad adottare, con le modalità e le forme che saranno decise, tutte le iniziative di mobilitazione e di lotta per contrastare tali scelte, sbagliate e punitive nei confronti di tutto il mondo del lavoro.
Alleghiamo la bozza del protocollo d’intesa distribuita dal Dipartimento della Funzione Pubblica.
LA SEGRETERIA GENERALE CSE

allegato:
http://flpdifesa.org/wp-content/uploads/2012/04/Bozza-protocollo-consegnata-dalla-F.P..pdf

domenica 1 aprile 2012

29.3.2012.FLP:" CARO MINISTRO DELLA FUNZIONE PUBBLICA, PER FAVORE SCOPRIAMO LE CARTE!"

Con la nota n. 05 del 23 marzo u.s. la Segreteria Generale della CSE ha dato notizie circa l’esito della riunione svoltasi a Palazzo Vidoni e relativa alla ripresa del confronto fra il Ministro Patroni Griffi e le Confederazioni maggiormente rappresentative sul percorso di relazioni sindacali interrotte ai tempi dell’ex Ministro Brunetta.
In quella sede, in assenza del Ministro e presente il Consigliere Naddeo, Capo Dipartimento della Funzione Pubblica, non solo si sono ricapitolate per l’ennesima volta le problematiche che dovranno essere oggetto di confronto fra le parti, ma sono state introdotti, e noi francamente ce lo aspettavamo, gli argomenti del “pacchetto lavoro” oggetto dell’aspro confronto di Palazzo Chigi, per una discussione in ordine alla possibile loro estensione ai pubblici dipendenti italiani.
Abbiamo ribadito al Cons. Naddeo che come CSE non avremmo mai accettato una applicazione “tout court” di quelle norme, che ci saremmo opposti non già per una sterile difesa ad oltranza di quelli che qualche sprovveduto e malcapitato (intellettualmente, si intende) continua a propagandare come privilegi e che avremmo fatto la nostra battaglia a tutela del lavoro pubblico e dei lavoratori pubblici.  Ed infatti, a seguito del fortissimo dibattito nel Paese sull’applicazione del “pacchetto lavoro”, guarda caso si sono sprecati gli interventi di giuslavoristi, giornalisti e politici che chiedevano a gran voce l’applicazione del nuovo art. 18 anche agli statali, indipendentemente dalle modifiche che le Confederazioni proponevano per lo stesso articolo relativamente ai licenziamenti disciplinari ed a quelli per motivi economici, allo stato da applicarsi solo ai lavoratori del settore privato.
Ripartiva quindi la caccia mediatica di brunettiana memoria al dipendente statale, prima fannullone, ora considerato indegnamente favorito rispetto al lavoratore privato e tutto questo, ancora una volta, senza alcuna riflessione rispetto ai compiti, alle funzioni, alle responsabilità, all’importanza che la macchina pubblica e i suoi dipendenti hanno per lo sviluppo e la tenuta del tessuto sociale nel nostro Paese.
Nessuna riflessione sull’importanza delle attività svolte dal personale che opera sul fronte della caccia agli evasori e del recupero dell’evasione e dell’elusione fiscale, nessuna valutazione sull’importanza della sanità e dei suoi operatori, sulla funzione legata all’insegnamento, sulla difesa e sulla sicurezza, sul fronte della giustizia e su quello dei beni culturali ed ambientali, vera e propria risorsa economica per il nostro Paese. Nessun accenno ai diversi percorsi legati ai meccanismi di assunzione e di pensionamento, nessun accenno alle norme preesistenti che da sempre consentono alla pubblica amministrazione di mettere “in disponibilità” il proprio personale.
Ed allora, come FLP, ribadiamo con forza che è nostra intenzione rifiutare la logica di una “guerra fra poveri”, per la quale i lavoratori pubblici stanno pagando un conto salato con il blocco dei contratti e del salario accessorio, degli integrativi e delle progressioni di carriera e che prosegue con le penalizzazioni sulle pensioni, tenendo di conto, lo ripetiamo, che sul fronte della mobilità e della messa in disponibilità esistono già norme applicabili senza bisogno di passare per l’art. 18.
A tale proposito, ci sorge anche un pensiero cattivo e cioè che non si “urli alla luna” sull’applicazione dell’art.18 agli statali, con il vero scopo di ottenere in contropartita una immediata e pesante applicazione delle norme inserite nel decreto legislativo 150/2009 e, forse, un inasprimento delle stesse; per altro, in questi giorni e dopo mesi di silenzio mediatico, nelle televisioni di stato sono stranamente riapparsi l’ex ministro Brunetta e qualche sindacalista amico che “recitavano” un unico copione.
Ed allora, a qualche giorno dalla nuova riunione in Funzione Pubblica, ribadiamo con forza al Ministro Patroni Griffi, di cui abbiamo apprezzato la disponibilità iniziale al confronto, che non accetteremo un nuovo linciaggio mediatico e che rivendichiamo il concreto avvio delle relazioni sindacali, il confronto sulla contrattazione e sulla mobilità; diciamo al Ministro che ci batteremo con la stessa determinazione, come abbiamo fatto con il suo predecessore, contro chi vuol distruggere il pubblico impiego italiano e siamo disponibili ad arrivare alle azioni di lotta  più incisive compresa quella dello sciopero generale.
Riteniamo, però, che sia giunto il momento che le forze sociali che rappresentano il Pubblico Impiego, riflettano sulla necessità non più rinviabile di superare ostacoli e divisioni, per ripartire verso obiettivi unitari a difesa del lavoro pubblico, dei lavoratori pubblici e dei loro diritti, nell’interesse del Paese.
LA SEGRETERIA GENERALE FLP

28.3.2012: LA CSE MOLTO CRITICA NEI CONFRONTI DELLA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO

Il 23 marzo scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge di riforma del mercato del lavoro con l’equivoca formula “salvo intese”.
Non si capisce bene di che intese si stia parlando visto che il governo ha preferito confrontarsi solo con una parte del sindacato e le solite confederazioni – CISL, UIL e UGL – hanno già dato il loro assenso di massima, non formalizzato solo perché si è preferito terminare il confronto senza concludere un vero e proprio accordo.
Quello che è certo è che non vi è nessuna riforma di rilievo se non la facilitazione dei licenziamenti attraverso la modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
L’estensione del reintegro alle imprese al di sotto dei 16 dipendenti e la previsione secondo la quale dopo 36 mesi i contratti a tempo determinato si trasformano in contratti a tempo indeterminato – sbandierate come novità positive della riforma Fornero – sono già previste dal nostro ordinamento e non costituiscono alcuna nuova tutela, come hanno denunciato 56 giuslavoristi, che accusano il governo di disinformazione e spregiudicatezza.
L’unica novità positiva è il reinserimento del divieto di firmare dimissioni in bianco, abolito dal governo Berlusconi.
Ci sembra un po’ poco per giustificare la radicale modifica della disciplina dei licenziamenti che di fatto monetizzano ciò che non dovrebbe essere monetizzabile: il diritto al lavoro e la dignità del lavoro.
Se passasse la riforma come è uscita dal Consiglio dei Ministri, il licenziamento ingiustificato per motivi economici darà diritto solo a un indennizzo, e quello illegittimo per motivi disciplinari non darà un diritto automatico al reintegro ma sarà il giudice a stabilire se reintegrare il lavoratore o indennizzarlo.
È chiaro quindi che si dà il via a uno squilibrio tra i diritti del lavoratore e quelli del datore di lavoro che con un modesto esborso potrà “liberarsi” di dipendenti anche senza giustificato motivo. Il tutto in un paese che ha uno dei più bassi indici di protezione contro i licenziamenti individuali (L’OCSE, su una scala da 0 a 6 assegna all’Italia un indice di 1,69 contro 2,60 della Francia e 2,85 della Germania).
Ecco, visto che si parla sempre di Europa, forse per adeguarci agli altri paesi sarebbe il caso di rafforzare le tutele anziché affievolirle.
Il dibattito che si è poi scatenato sull’applicabilità o meno della nuova disciplina al settore pubblico sembra essere la classica “arma di distrazione di massa”: si è spostata così l’attenzione sullo squilibrio tra lavoro pubblico e privato anziché sul merito del problema.
Stiano tranquilli i detrattori dei dipendenti pubblici, se l’articolo 18 cambiasse sarebbe applicato sia ai dipendenti privati che, in via immediata o mediata da qualche norma, anche ai lavoratori pubblici, con il risultato di avere tutti i lavoratori meno tutelati e il rischio che nella sanità o nei servizi sociali degli enti locali ci si potrebbe ritrovare, per motivi economici, un bel taglio dei servizi alla persona.
A difesa della presunta riforma si sono levate le solite voci favorevoli, a destra e a sinistra. Peccato che questi signori continuino a pontificare su norme che, in quanto soggetti privilegiati, non toccheranno mai la loro vita lavorativa.
È stato così per la riforma delle pensioni, per le decurtazioni di salario e di diritti che i lavoratori dipendenti hanno dovuto subire, sarà così anche per questa riforma.
E a proposito del disegno di legge, Marco Carlomagno, Segretario Generale della CSE, ha dichiarato: “Ridurre le tutele e monetizzare i diritti è sbagliato. Gli investimenti esteri non arrivano nel nostro Paese a causa della criminalità organizzata, dell’alto tasso di corruzione, della carenza di infrastrutture e del mancato funzionamento della giustizia civile. Ecco, se c’è un problema legato all’applicazione dell’articolo 18, è quello legato alla durata dei processi. Ma può uno Stato democratico scaricare le proprie inefficienze sui lavoratori??  Fortunatamente, il disegno di legge dovrà affrontare il vaglio del Parlamento, dove noi presenteremo le nostre proposte per modificarlo radicalmente”.
LA SEGRETERIA GENERALE CSE

23.3.2012. CSE: "AL VIA I TAVOLI TECNICI CON LA FUNZIONE PUBBLICA. MA I PROBLEMI SONO TUTTI POLITICI"

Ha avuto un carattere ancora interlocutorio l’incontro svoltosi il giorno 21 marzo  a Palazzo Vidoni e presieduto dal capo del Dipartimento  Cons. Naddeo  con la partecipazione dei rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali che era stato convocato, sulla base di quanto concordato nel precedente incontro a cui era presente il Ministro Patroni Griffi, per iniziare il confronto sulle problematiche della contrattazione.
Di fatto invece le parti hanno provveduto a ricapitolare le diverse posizioni sulle questioni, definendo le diverse priorità rispetto alla proposta iniziale del Ministro di stipula di un nuovo protocollo d’intesa sul lavoro pubblico, senza però che la discussione si sia sviluppata in concreto sull’argomento della contrattazione che era pure stato messo all’odg.
  Nel nostro intervento, dopo aver stigmatizzato l’eccessiva genericità delle modalità con le quali è iniziato il confronto, abbiamo come CSE ribadito nuovamente la necessità e l’improrogabilità di definire, in tempi brevi, intese concrete  nel campo delle relazioni sindacali, della ripresa della contrattazione, delle necessarie modifiche normative alle parti punitive e restrittive delle leggi Brunetta, proponendo inoltre la definizione  di un  accordo quadro per tutto il pubblico impiego capace  di  eliminare le attuali disparità giuridico-ordinamentali in materia di diritti costituzionalmente garantiti.
In una situazione caratterizzata da una grave crisi economica e dalla recessione, il ruolo della pubblica amministrazione è decisivo per offrire migliori e più efficienti servizi ai cittadini e alle imprese, svolgendo una funzione decisiva nel campo del reperimento di nuove risorse attraverso un forte impulso alla lotta all’evasione fiscale e contributiva.
Ma un contributo importante alla ripresa dell’economia però, può e deve venire dalla difesa del potere d’acquisto dei circa 3 milioni di lavoratori pubblici, vittime delle sciagurate politiche di blocco dei contratti e delle retribuzioni adottate dal Governo precedente. Blocco che in mancanza di nuove iniziative, e modifiche dei documenti di finanza pubblica, rischia di protrarsi, con conseguenze devastanti, sino al 2017.
Ecco il perché la nostra priorità è l’apertura del confronto sulla contrattazione che rafforzi e renda concretamente esigibile ed efficace quella integrativa mediante l’utilizzo di risorse derivanti sia dai risparmi derivanti dalla spesa improduttiva e clientelare, che dallo svolgimento di attività di spesa derivanti dall’implementazione delle attività istituzionali.
Ma la contrattazione integrativa non può azzerare, o surrogare, il CCNL.
E’ necessario sbloccare il CCNL che come è noto garantisce il necessario quadro di riferimento giuridico-ordinamentale ed i livelli generali di tutela del reddito per tutti i lavoratori dei comparti.
Così come è prioritario abrogare la normativa “Brunetta” che ha rilegificato il rapporto di lavoro, ha ingessato la contrattazione, ha limitato, se non compresso, in modo inaccettabile i diritti, ha costruito un modello arcaico ed ingiusto di distribuzione delle esigue risorse destinare a remunerare la produttività e le professionalità.
La sensazione però, dopo le prime fasi “positive”, sta cambiando.
Temiamo che qualcuno possa pensare di delimitare il confronto su quello che gli interessa: la parte relativa alla cosiddetta “gestione delle eccedenze” derivanti dalla riorganizzazione della pubblica amministrazione centrale e locale, ai processi di mobilità, o peggio ancora all’estensione ai pubblici dipendenti delle inaccettabili norme di modifica dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori.
Ci preoccupa infatti non poco il fatto che su proposta del Capo del Dipartimento la discussione sia stata aggiornata alla prossima settimana (probabilmente il 24 marzo) con l’apertura di due tavoli di confronto: uno sulla contrattazione (che per molti purtroppo significa solo integrativa) e l’altro sul recepimento e/o adeguamento di quanto discusso in questi giorni a Palazzo Chigi sul pacchetto lavoro (flessibilità, rapporto di lavoro, stabilizzazione etc etc).
Considerate le dichiarazioni del Ministro Fornero e quelle fatte circolare dalla Funzione Pubblica il sospetto diventa qualcosa di più.
Ribadiamo quindi con fermezza la nostra assoluta contrarietà alle modifiche prospettate sull’art. 18 che ove approvate renderanno più debole il lavoratore, meno garantito, e daranno mani libere agli imprenditori che potranno di fatto decidere come e quando vogliono chi e come licenziare.
Contrarietà e opposizione che ovviamente manifesteremo con forza anche quando e se verranno prospettate per i lavoratori pubblici al tavolo di Palazzo Vidoni.
Vi terremo aggiornati, come di consueto, dello sviluppo del confronto e dell’esito delle riunioni preannunciate.
Cordiali saluti
LA SEGRETERIA GENERALE CSE