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sabato 29 dicembre 2012

CONTRO I SINDACATI CORPORATIVI DEI DIRIGENTI STATALI SIAMO DALLA PARTE DI GIAVAZZI,ALESINA E DI COLORO CHE, SE DIRIGENTI, SERVANO IL PAESE E NON SE' STESSI E I LORO PADRINI

Levata di scudi dei sindacati corporativi della dirigenza statale contro l'articolo di Giavazzi e Alesina intitolato: “I distruttori delle riforme”
Per chi non ricordasse, clicchi sul seguente link:
Si esordisce con banalità belle e buone, dichiarando di rappresentare la dirigenza che vuole le riforme. Ma tutti in Italia vogliono le riforme. Solo con un piccolo particolare: che nessuno precisa quali siano le riforme che si vogliono, quindi è sottinteso che, dato che nel mondo del lavoro nessuno è masochista, il criterio sia quello “purchè non vengano lesi i nostri interessi” (e questi, invece, ogni categoria sa benissimo quali siano).Altra ipocrisia, quella di presumere che la dirigenza sia abituata a rispettare le leggi, quando è ormai comunemente acquisita la convinzione che in Italia (Giovanni Giolitti) “Per i cittadini le leggi si applicano, per gli amici si interpretano, per alcuni si eludono “. E poiché il politico si occupa di politica e di farle, le leggi, e l'impiegato dipende dal dirigente, ormai dovrebbe essere scontato che sia quella del dirigente la figura più rilevante di quella delicata fase.
Che certa dirigenza non voglia essere eletta, lo sapevamo. Ovvio: per non dover rendere conto a nessuno dei propri abusi . Ma nessuno ha mai chiesto questo (l'elettività). Quel che si pretende è che la dirigenza faccia funzionare lo Stato al meglio, coordinandosi e non remando contro dei politici che siano eletti dal popolo.Se il dirigente, come avviene ora, ha la libertà di ostacolare l'esplicarsi della volontà popolare è come se si inserisse della sabbia in un motore. Se la maggioranza dell'elettorato dà fiducia a una determinata coalizione è giusto che alla stessa venga messa a disposizione la macchina migliore possibile, scegliendosene gli uomini che la compongono, in modo da non avere alibi in caso di fallimento, pagando l'incapacità con la mancata rielezione.E se un dirigente dimostra capacità e applicazione in un quinquennio perchè non potrebbe vedersi riconfermato nell'incarico? Quale politico, anche di parte avversa, avrebbe interesse a non farlo? Questa storia poi che i dirigenti non possano operare perchè i politici non sanno fare le leggi non la beve più nessuno.Tutti sanno ad esempio che la Fornero ha toppato sulla vicenda esodati non perchè era con la testa fra le nuvole ma perchè tradita dai dirigenti del suo Ministero cui aveva affidato, giustamente, l'elaborazione della riforma dal punto di vista tecnico.Chi ha pagato per questo svarione che ha rovinato la vita a migliaia di persone? Ancora stiamo aspettando che in quel Dicastero qualcuno venga avvicendato da gente più preparata colpevole solo di non far parte di cordate di padrini presenti e passati (ma ancora presenti...).Potremmo fare decine di altri esempi come questo.Lo Spoils System istituzionalizzerebbe questa sana pulizia periodica, liberando la PA da dirigenti incapaci che tolgono lavoro ad altri dirigenti più preparati e bravi.Quelli che “adattano” le proposte di efficientamento della PA non sono i politici i quali vanno e vengono e spesso non sanno neppure come è fatta l'amministrazione di cui vengono nominati ministri (tanto sanno che stando così le cose, sarebbe fatica sprecata cercare di apprendere e quindi si affidano al capo di gabinetto o a referenti interni magari conosciuti in passato) ma i padrini, quelli che vogliono mantenere i posti inutili per gli amici incapaci o peggio.
Altra perla è quella di rivendicare maggiore attendibilità per il solo fatto di essere riusciti a essere ricompresi nelle OO.SS. Rappresentative in alcune aree della dirigenza.Ma come? Non avevamo detto che la dirigenza è al servizio dello Stato, quindi dei cittadini? E si ha presente cosa pensano i cittadini della Pubblica Amministrazione diretta, in ogni ramo, da anni, da chi ha vinto un concorso ed è stato nominato con i meccanismi che tutti conosciamo?Cerchiamo quindi innanzitutto di ripristinare livelli minimi di decenza nei comportamenti di fronte all'opinione pubblica (esempio: perchè i dirigenti del Ministero del Lavoro non restituiscono i premi di recente elargiti a pioggia, senza effettivi criteri meritocratici dalla Fornero,
chiedendo innanzitutto che siano rideterminati , rendendo pubblici non solo le somme ma soprattutto quali obbiettivi si sarebbero raggiunti da ognuno tali da giustificare l'eventuale premio?E restituendo ciò che avanza allo Stato?) dopo, ma solo dopo, una categoria di lavoratori potrà dire la sua su un problema (l'eventuale adozione di un sistema di spoils system) che , ovviamente, è soprattutto di interesse generale e solo di riflesso categoriale. Non c'è di peggio, per ogni Casta, che le proprie questioni vengano portate in piazza da chi, per giunta, come gli illustri professori, non può venir colpito dalle ritorsioni di una Pubblica Amministrazione che al suo interno, ci risulta, non a caso, sia divenuta molto più spietata nell'utilizzo dello strumento disciplinare finalizzato a non far trapelare verità scomode. E chi è deputato ad avviare l'azione disciplinare?Guarda caso: il dirigente.
La reazione scomposta della dirigenza a questi rilievi di Giavazzi e Alesina si sta quindi trasformando in un boomerang per la Casta dirigenziale rivelando all'opinione pubblica che esiste da anni una questione di democrazia e di limitazione di diritti che va risolta (è noto che per il dipendente pubblico, in conflitto col dirigente, l'attuale normativa preveda una tutela giurisdizionale pressochè inesistente).
E' addirittura comico che dirigenti sindacali pubblici abbiano elaborato un manifesto (mandandolo al Corriere della Sera ) non per dire chiaramente cosa loro ritenessero giusto ma per far recitare a un ipotetico cittadino una specie di poesia di natale in cui egli descrivesse il suo ideale di dirigente statale. Cioè, questi signori sono talmente abituati a fare il bello e il cattivo tempo che addirittura trattano il cittadino come quel pappagallo in braccio al ventriloquo cui viene fatto dire di tutto e di più secondo i propri comodi.
Ognuno è libero di scrivere ciò che crede come vuole, suggeriremmo però, per testare appieno il sostegno popolare alle tesi di questi sindacati corporativi che ambiscono a parlare anche in nome del popolo, di far visionare (e controfirmare, per solidarietà) i punti del manifesto:
  • a quei giovani laureati senza entrature che hanno sperimentato sulla loro pelle cosa significhi tentare di diventare dirigente pubblico tramite concorso
  • a quei dipendenti pubblici che sanno effettivamente se è vero che i più bravi e solo loro possano diventare in Italia dirigenti pubblici
  • a coloro che invano cercano su internet gli obbiettivi chiari e misurabili su cui si è convinti che si siano misurati i dirigenti
  • agli impiegati che custodiscono i faldoni o i files contenenti le “valutazioni meritocratiche” di dirigenti verso altri dirigenti e a tutti gli studiosi che da decenni elaborano ipotesi su sistemi valutativi attendibili per i dirigenti
  • agli impiegati che hanno lavorato fianco a fianco con dirigenti che hanno servito lo stato con poca dignità e poco onore, spesso silenti per timore
  • ai cittadini e alle imprese che hanno ricevuto danni irreparabili a causa dei tempi e delle modalità di attuazione delle leggi da parte di dirigenti pubblici
  • agli aspiranti dirigenti di giovane età che dovrebbero attendere che per 40 anni o più il dirigente possa esercitare la propria funzione, indipendentemente dai risultati e alla faccia delle attuali normative che prevedono il contratto a tempo determinato
  • ai politici che si sono visti sistematicamente boicottati dalla dirigenza (e dai sindacati loro alleati) quando hanno tentato di cambiare qualcosa nel funzionamento del proprio dicastero, dovendosi arrendere
E' singolare che si trasformi la realtà, non ammettendo che non è il cittadino che non vuole che il dirigente sia amico del politico di turno ma è il dirigente che è terrorizzato dall'eventuale amicizia del cittadino col politico.E spinge il cittadino ad avvicinare il politico per chiedere un favore, essendo questa l'unica condizione per avere, in tempi brevi, quanto occorre a sé stesso o alla propria azienda per sopravvivere.E' tutto il meccanismo quindi che è bloccato (soprattutto in certe zone del paese). Il rimedio è in un cittadino con un maggiore senso civico, in un politico correttamente scelto dal popolo disincentivato a praticare la corruzione ma, soprattutto, in una dirigenza soggetta a un rinnovamento periodico e predeterminato, per evitare incrostazioni e deviazioni personalistiche o di gruppo di interesse.
I dirigenti italiani dovrebbero smetterla di dare sostegno a questi falsi e fallimentari tutori sindacali dei loro interessi. Perchè fallimentari? Perchè hanno posto la dirigenza contro il popolo italiano, invece di renderla protagonista del necessario cambiamento, condannandoli, alla lunga, a una sicura sconfitta .Il cittadino non è stupido, comprende, quando ha un rapporto di anni con un ufficio importante per la propria vita e per il proprio lavoro, che se i politici (e i partiti) vanno e vengono, gli impiegati sono tartassati, malpagati e umiliati e i dirigenti mantengono la stessa poltrona per anni senza che ciò sia giustificato da risultati, è nella dirigenza che c'è qualcosa che non va. I sindacati della dirigenza se la prendono con i politici, ma vi ingannano. Chi è dentro a queste realtà sa che vi sono figure nell'ombra, tramite tra dirigenza e politici (e partiti) di turno, spesso ex dirigenti e/o sindacalisti di quella amministrazione (i padrini) , che pochi (i sindacati sicuramente)conoscono ma che tirano le fila dei “movimenti” che contano. Che sono in grado di far stare sulla stessa poltrona per anni lo stesso dirigente o di avvicendarlo, mettendo ogni pedina al proprio posto, anche tramite trasferimenti velocissimi. Spesso lo scambio di favori e il nepotismo e non certo il pubblico interesse è il motore di questi movimenti.
E' umiliante che ancora in Italia una persona brava e preparata che voglia fare carriera debba sottostare a queste logiche e compromessi. Ecco, questo è ciò contro cui devono combattere i dirigenti che intendano servire lo Stato e non altre entità. Lo Spoils System è temutissimo da questo sistema perchè da una parte promuoverebbe il periodico forzato cambiamento togliendo il potere a questi “pupari” e dall'altra creerebbe un legame forte tra cittadini elettori, politica, dirigenza per una PA più efficiente, rendendo inutile il ruolo di questi convitati di pietra.
Come vedete, siamo di fronte ad un altro esempio di come la nostra povera Carta Costituzionale (in alcune parti, certamente, da cambiare) sia stata strumentalizzata per scopi tutt'altro che alti.
Speriamo che le prossime elezioni portino elementi di novità in materia.

martedì 11 dicembre 2012

SPOILS SYSTEM: FINALMENTE NON SIAMO PIU' SOLI, IN ITALIA, A SOSTENERLO APERTAMENTE

DAL “CORRIERE DELLA SERA” DEL 5.12.2012

I distruttori delle riforme

di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi



“Sì dice spesso che le riforme non si fanno perché lo slancio riformatore di molti governi (compreso quello attuale) è bloccato dai partiti, i quali in Parlamento difendono gli interessi di chi, per effetto di quelle riforme, perderebbe i propri privilegi. Vero, ma non è l’unico scoglio. Un altro ostacolo, altrettanto importante, è frapposto dalla burocrazia e dai suoi alti dirigenti. Un esempio: da oltre sei mesi si discute di come eliminare i sussidi e le agevolazioni di cui godono talune imprese (senza vi sia alcuna evidenza che questi aiuti favoriscano la crescita), in cambio di una riduzione del cuneo fiscale, cioè restringendo la forbice che separa il costo del lavoro per l’impresa dal salario percepito dal lavoratore. È una scelta con la quale concordano sia Confindustria sia i sindacati.
Ma la proposta, pur auspicata dal presidente del Consiglio, non è neppure arrivata in Parlamento: da mesi la burocrazia la blocca. Perché? Semplice: eliminare questo o quel sussidio significa chiudere l’ufficio ministeriale che lo amministra e assegnare il dirigente che lo guida a un diverso incarico. Ciò per lui significa perdere il potere che deriva dall’amministrare ingenti risorse pubbliche. È così che i dirigenti si oppongono sempre e comunque a riduzioni della spesa che amministrano, indipendentemente dal fatto che serva, o meno, a qualcosa. Ma basta questo per bloccare una riforma che anche i partiti in Parlamento auspicano? Perché la burocrazia ha questo potere? Fino a qualche anno fa i funzionari erano di fatto inamovibili: i ministri andavano e venivano, ma i dirigenti dei ministeri rimanevano. Non è più così. Oggi gli alti funzionari si possono sostituire, e tuttavia nulla è cambiato.
Il motivo del loro potere è più sottile e ha a che fare con il monopolio delle informazioni. La gestione di un ministero è una questione complessa, che richiede dimestichezza con il bilancio dello Stato e il diritto amministrativo, e soprattutto buoni rapporti con la burocrazia degli altri ministeri. I dirigenti hanno il monopolio di questa informazione e di questi rapporti, e hanno tutto l’interesse a mantenerlo. Hanno anche l’interesse a rendere il funzionamento dei loro uffici il più opaco e complicato possibile, in modo da essere i soli a poterli far funzionare. E così quando arriva un nuovo ministro, animato dalle migliori intenzioni (soprattutto se estraneo alla politica e per questo più propenso al cambiamento), a ogni sua proposta la burocrazia oppone ostacoli che appaiono incomprensibili, ma che i dirigenti affermano essere insormontabili.
E comunque gli ricordano che prima di pensare alle novità ci sono decine di scadenze e adempimenti di cui occuparsi: non farlo produrrebbe effetti gravissimi. Spaventato, il ministro finisce per affidarsi a chi nel ministero c’è da tempo. È l’inizio della fine delle riforme. E se per caso il governo ne vara qualcuna senza ascoltare la burocrazia, questa mette in campo uno strumento potente: solo i dirigenti, infatti, sono in grado di redigere i decreti attuativi, senza i quali la nuova legge è inefficace. Basta ritardarli o scriverli prevedendo norme inapplicabili per vanificare la riforma.
Prendiamo il caso delle pur timide liberalizzazioni varate in primavera con il decreto «cresci Italia»: come ricordava il Corriere il 19 novembre, fino a poche settimane fa, su 53 regolamenti attuativi ne erano stati emanati soltanto 11.
Che fare? La prima decisione di ogni nuovo ministro deve essere la sostituzione degli alti dirigenti del ministero che gli è stato affidato, a partire dal capo di gabinetto. Il ricambio deve cominciare da coloro che da più tempo occupano lo stesso posto e per questo sono spesso i più conservatori, cioè i meno propensi al cambiamento. I costi sono ovvi: un nuovo dirigente ci metterà un po' a prendere in mano le redini del ministero. Ma è un costo che val la pena pagare, quanto più si vuol cambiare.
Certo, c'è il rischio che le nomine siano solo politiche, e cioè che invece di dirigenti preparati il ministro scelga in base alle appartenenze politiche. Questo è possibile, ma saranno poi gli elettori a decidere se un governo ha cambiato qualcosa. E i cittadini giudicheranno un governo anche dalla qualità delle persone cui ha affidato l'amministrazione dello Stato. È comunque un sistema migliore di quello di oggi in cui dirigenti non eletti ostacolano e influenzano l'operato di governi eletti direttamente, o indirettamente come nel caso di questo governo «tecnico».”






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COMMENTO AGL

Abbiamo più volte sollevato il tema in precedenti nostri interventi e quindi, basta andare a rileggerli:



Non possiamo che concordare pienamente con quanto sostenuto dagli illustri professori e auspichiamo che attorno a questo obbiettivo si formi un vasto movimento di opinione pubblica, di forze politiche e sociali e di lavoratori.
I primi a sostenere queste tesi dovrebbero essere proprio quei dirigenti che oggi, pochi e isolati, all'interno della burocrazia italiana, nonostante tutto, si comportano in maniera eccellente.
La politica ha le sue responsabilità gravi e indubbie ma la costante accusa verso di essa da parte della dirigenza ormai convince pochi. Basti evidenziare che è proprio sulla dirigenza (i “tecnici”)che gli uffici legislativi degli uomini politici si appoggiano quando devono elaborare il testo di nuove leggi. E questo dall'Unità d'Italia ad oggi. Di chi è la colpa quindi della farraginosità delle norme?
E' fallita, come soluzione sperimentata, la “privatizzazione” della dirigenza la quale se non ha avuto spazio dalla politica è perchè ciò ha fatto comodo a molti dirigenti. La “valutazione” è una sciocchezza se demandata ai politici o a tecnici esterni alla PA o a pari, interni, dei dirigenti della PA stessi (la famosa “autonomia valutativa” della dirigenza ossia: “solo chi sa il mestiere può valutare adeguatamente il lavoro del suo collega”).
La crescita esponenziale indiscriminata delle retribuzioni dirigenziali ha fatto solo danni, che i cittadini patiranno ancora per molto tempo, in futuro. Si è totalmente persa l'etica del lavoro. Quasi tutti i dirigenti non hanno più come ideale il bene dello Stato e dei cittadini bensì il successo economico personale. Si disse: “se vogliamo i migliori dobbiamo pagarli”. Solo che non si è mai capito perchè il flusso dei dirigenti fosse unidirezionale (dall'esterno alla PA, senza ritorno). Evidentemente perchè fare il dirigente all'interno della PA significava sottrarsi alla concorrenza e alla meritocrazia.
E' strumentale e ipocrita l'uso che si è fatto delle norme costituzionali in materia: il buon andamento non c'è mai stato (domandatelo, nel dubbio, ai cittadini) e la parzialità della PA è stata la regola non scritta cui tutti in Italia si sono adeguati per timore di ritorsioni. Se notate, tutti coloro che disquisiscono sul tema ancora non hanno chiaro dove finisca il compito della politica e dove inizi quello della dirigenza. Poiché ciò è controverso e ognuno decide per sé, il risultato è la sovrapposizione. La coscienza si mette a posto anche solo avendo enunciato il problema, senza risolverlo in maniera soddisfacente. Non a caso, i modelli di PA esteri (che in Italia non riusciremo mai a emulare perchè l'italiano è italiano e natura non facit saltus) divergono nella sostanza da quello nostrano.
Lo Spoils System sarebbe un sistema vincente poiché è colui che è stato eletto dai cittadini ad essere il primo interessato ad essere riconfermato e quindi a circondarsi degli esecutori più preparati, esperti e capaci. Pericoli? Come in tutte le cose umane e per questo la presenza della Magistratura va rafforzata, secondo noi, rendendola elettiva, quindi specchio anch'essa del volere dei cittadini. Tutto ciò implica una necessaria revisione della Costituzione che speriamo possa avvenire nella prossima legislatura. Se non altro perchè ormai è chiaro che questo sistema non ha funzionato. Da decenni. A chi formula ipotesi catastrofiste (danni, conflittualità, contenziosi, ecc.) in caso di cambiamento, rispondiamo: siamo scesi talmente in basso e siamo ridotti così male che l'unica possibilità di salvarci (noi, lo Stato, l'economia, la democrazia) è cambiare. Peggio di così non può andare... E' più semplice azzerare tutto e ricostruire una organizzazione più moderna, snella efficiente che cercare di modificare questa giungla. Tutti hanno fallito e non si vedono all'orizzonte soggetti in grado di metterci le mani con successo. Ha fallito in questo Berlusconi, così come la sinistra, così come il centro e i tecnici. I cittadini non hanno più voglia né soldi da buttare in questo apparato fallimentare e mostruoso. Liberiamocene e rifacciamo tutto nuovo. Chi vuole, continui pure a sognare ad occhi aperti, formulando generiche e illusorie frasi programmatiche: lo fa da anni , senza essere venuto a capo di nulla.

martedì 27 novembre 2012

CHIUDE ILVA DI TARANTO: SCIOPERO E TENSIONE

Dell'ILVA di Taranto già ci eravamo occupati in passato
il 30 luglio
il 18 agosto
e il 23 agosto

La situazione è evoluta fino all'epilogo di stamattina

Dalla lettura delle nostre iniziali prese di posizione, che confermiamo al cento per cento anche alla luce dei più recenti avvenimenti, potrete constatare che, come suol dirsi, avevamo (amaramente) ragione e ci avevamo visto giusto. Purtroppo, anche per il fatto che come AGL siamo nati a giugno, non abbiamo avuto la possibilità di essere presenti, in loco e di parlare direttamente ai lavoratori coinvolti i quali, da anni (ma sembra l'abbia fatto pure l'azienda) si sono costantemente e massicciamente rivolti a CGIL, CISL, UIL. Altri sindacati minori si sono fatti sentire ma ciò non ha spostato il baricentro della strategia del movimento di protesta. I risultati sono stati quindi quelli che conoscete. Delusione e disperazione dei lavoratori. Sindacati che non sanno che pesci prendere. Governo (e istituzioni) completamente rintronati, ai massimi livelli.
Giovedì prossimo è previsto un incontro tra governo, azienda e parti sociali che dovrebbe sfociare in un provvedimento d'urgenza i cui contenuti, allo stato, non è dato conoscere ma che sappiamo già non sarà risolutivo ma solo interlocutorio.
Noi non saremo a quell'incontro ma riteniamo utile, per l'ennesima volta, a futura memoria, ribadire e specificare il nostro punto di vista, radicalmente alternativo a quello degli altri sindacati.
Speriamo di essere chiari, una volta per tutte.
Produrre acciaio , anche senza inquinare, in Italia NON è “strategico”.Non porterebbe da nessuna parte né aumentare le tasse né richiedere prestiti alla collettività per effettuare investimenti che tutti concordano essere dell'entità di miliardi di euro, sia che vengano gestiti dal soggetto pubblico né, men che meno ,dal soggetto privato. Anche se è stato praticato da altri paesi industrializzati di recente (ad esempio il governo USA con la Chrysler ) il concetto di “salvataggio” dell'industria da parte dello Stato con soldi pubblici è sbagliato perchè di corto respiro, oltre che insostenibile in epoca di enorme debito pubblico. E poi gli USA e gli altri paesi industrializzati sono una cosa, il cosiddetto “sistema” Italia è un'altra, con caratteristiche sue peculiari. In esso è evidente che ancora sono in vita (per poco) aziende in crisi che non dovrebbero più esistere. Ad esempio le acciaierie italiane non sono e non potranno essere più competitive nel mondo. Già certi processi sono in corso e sorprende che dal mondo accademico, cui l'attuale governo è così legato, nessuno faccia presente che tra dieci anni l'acciaio, nel mondo, sarà prodotto, a costi per noi insostenibili, da polacchi, cinesi, indiani, sudamericani. Si tratta di produzioni a basso valore aggiunto che troveranno contesti paese più adatti alla loro produzione, rispetto alle caratteristiche dell'Italia. Per l'acciaio l'Europa Occidentale è finita, non ha futuro. Il problema di fronte alle classi dirigenti del nostro continente è investire in attività e imprese che abbiano un futuro. Le aziende che lo hanno sono quelle che producono autonomamente utili, che riescano a mantenersi sul mercato, non quelle che campano di sussidi pubblici. Questo quadro è peggiorato, in Italia, dall'incapacità dei sindacati di pretendere e ottenere aumenti salariali derivanti dalla eventuale riduzione di imposte e contributi. Questi sindacati sono infatti sotto il ricatto e il potere di una pubblica amministrazione mastodontica che vuole ingrassare sempre di più, senza dare servizi decenti e che dà da mangiare a partiti e agli stessi sindacati. Tutto ciò rende non più competitivo il costo del lavoro italiano. Oltre all'acciaio, analogo discorso può essere fatto per il carbone e per la situazione sarda. Le strade che si stanno percorrendo non porteranno a nulla se non a maggiori illusioni e caos. Potevamo arrivarci con più calma e organizzazione. Le classi dirigenti sono state miopi e ora per salvarci dovremo fare in fretta, molto in fretta. Taglio di rami inutili della pubblica amministrazione, mobilità guidata e veloce del personale tra amministrazioni esaurite e quelle che abbiano una prospettiva per evitare licenziamenti, utilizzo massiccio delle zone franche fiscali per promuovere sviluppo, investimento per lo più in turismo e cultura. Questa l'unica via d'uscita, per Taranto e per la Sardegna, dicendo addio all'ILVA e alle miniere. Ma ciò vale in generale per l'Italia e per situazioni analoghe sul territorio. Basta con l'auto a benzina, si parta subito con l'elettrico e con i mezzi di trasporto pubblico. Se FIAT vuole starci bene, altrimenti scindere i destini del nostro Paese da quelli di questa azienda. Come altri hanno detto, ci sono circa due miliardi di persone, dalla Cina e dall'India che già vorrebbero venire a visitare l'Italia ma che non possono farlo per la nostra disorganizzazione nel settore turismo e cultura (ad esempio il nostro patrimonio artistico non è catalogato e digitalizzato) . L'Italia ha i cervelli e gli imprenditori per poter realizzare ciò. Monti li metta in condizione di lavorare. Quando si sostiene che nessun paese al mondo ha una economia che funziona senza la presenza dell'industria, si dimentica di dire che quelle dell'acciaio e quella del carbone sono solo due dei tipi di industria. La divisione del lavoro internazionale sta cambiando, quei tipi di industria che abbiamo avuto nel passato tra poco emigreranno verso paesi nei quali le condizioni per ospitarle sono più adeguate. L'Italia deve avere l'industria ma non di quel tipo. Turismo e Cultura possono procurare, se sviluppati e organizzati, anche più posti di lavoro della decadente industria pesante italiana. L'Italia, altri hanno detto, e a ragione, potrebbe essere per l'Europa quello che la Florida è per gli Stati Uniti, con una qualità della vita incomparabilmente migliore. Capiamo che imprenditori che hanno campato di aiuti statali finora e sindacati che hanno vissuto di trattenute sindacali di lavoratori dipendenti di fabbriche di massa possano essere a disagio in conseguenza di questi cambiamenti. Ma il problema è capire se l'interesse del Paese coincida con loro o con altre esigenze della popolazione. Ovviamente, nel mezzo, ci sono altri casi in cui una produzione (stiamo parlando dei nostri settori di eccellenza) ha senso che rimanga in Italia ma è necessaria una ristrutturazione relativa a caratteristiche organizzative che diminuiscono la competitività. Ma è finito il tempo di sprecare e buttare soldi pubblici. In Italia dobbiamo avere il coraggio di far fallire imprese decotte e superate e di favorire il ricambio ad opera di soggetti più dinamici che creino profitti e posti di lavoro, stimolando la raccolta di capitali dai privati , facilitata dalla detassazione degli investimenti. .
Sorprende che nessun sindacato italiano oltre al nostro abbia il coraggio di sostenere queste cose.
In bocca al lupo agli operai dell'ILVA e dell'indotto, siamo e saremo con loro indipendentemente dal fatto che siano d'accordo o meno con quanto da noi proposto.

lunedì 26 novembre 2012

RAPPRESENTATIVITA' SETTORE PUBBLICO: PATRONI'S SECRET

Questo post , nell'ambito del settore pubblico, pensiamo sia il più importante tra quelli da noi finora scritti. Come nella Piovra, andiamo al cuore del problema, tocchiamo la cupola. Ricordate a marzo le elezioni RSU? Al termine delle quali tutti si dichiararono vittoriosi? Dopo le quali furono dati numeri proposti in mille maniere?Ecco, ora abbiamo il risultato finale certificato, Comparto per comparto, area per area. Con , per ogni organizzazione, voti e numero iscritti. E Assange non centra nulla.
Cliccate sul seguente link:
Domandiamoci prima di tutto perchè solo noi (che non c'entriamo niente, come avrebbe cantato Povia) vi forniamo subito questi numeri:perchè siamo nati solo 6 mesi fa
Poi conservateveli fino a tutto il 2015, almeno, quando imprecherete, saprete con chi prendervela, in percentuale.
Inoltre, guardando ai risultati di coloro che non hanno raccolto una delega e/o non hanno beccato un voto, potrete sempre immaginare cosa sarebbe stato se aveste colto l'attimo e provato l'avventura. Ma, come si sa, ogni lasciata è persa.
Pensate alla goduria di chi ha conquistato la rappresentatività e che invidierete perchè “conta “ qualcosa, può partecipare agli incontri con i dirigenti, già pregusta i favori da chiedere e da ricevere, già starà spuntando la lista dei regali promessi in campagna elettorale. E anche se non mantenesse, chissenefrega, ormai quel che è fatto è fatto e per 3 anni nessuno può ripensarci. Un pensiero anche a chi pur non facendo nulla per il proprio sindacato ha usufruito e continuerà a farlo del distacco sindacale , pagato dallo Stato, cioè dal contribuente (anche da voi) a maggior ragione dopo l'entusiastica conferma ricevuta dal corpo elettorale. E ai permessi sindacali, tanti, di cui fruiranno solo i sindacati di serie A (la serie B , in questo contesto, dura 3 anni). Interessa solo il pubblico? No, perchè in base all'accordo sulla produttività, per volontà di CISL, UIL, UGL (in attesa che la Camusso ceda alla corte di Monti e Passera i quali allo scopo hanno relegato in cucina la Fornero) questo sarà il futuro della rappresentatività anche nel settore privato. Una bella auto a 4 posti con uno o due seggioloni su cui a turno si accomoderanno alcuni sindacati più piccoli cui, per non disturbare, verrà messo in bocca il biberon. Alcuni di voi ricorderanno l'avvio degli organi collegiali della scuola. Organismi che sin dall'inizio non contavano nulla (e è stato così per anni) che però erano l'occasione per contarsi e per mettere un tappo istituzionale e burocratico alle battaglie di massa. Non contano nulla le RSU, pubbliche e private, non conteranno nulla i lavoratori nel prossimo sistema e sarà così per anni. Altri elementi emergono dall'analisi dei tabulati. Per esempio che esiste quasi un sindacato per ogni dipendente. Segno che i propositi di cambiamento si scontreranno sempre con una volontà superiore in Italia: quella di ogni gruppo d'interesse, corporativo, anche riferito a singole amministrazioni , di trarre vantaggio dal creare una sigla. Da questa considerazione si potrebbe desumere che il voto dei lavoratori nella pubblica amministrazione è , fondamentalmente, un voto di tipo clientelare. Ma non sta bene, non è politicamente corretto dirlo e noi non infrangeremo questa regola. Anche perchè c'è qualcosa che non quadra. Infatti le clientele presuppongono l'esistenza di un bene o di un privilegio anche piccolo cui accedere.Qui praticamente si tratta di aspirare a e dividersi il nulla. Quindi una gigantesca e ridicola allucinazione di massa .A meno che non si attribuisca un valore al pulire la sedia al direttore di turno prima che la riunione inizi. Parliamo allora di un condizionamento di tipo socio culturale che interessa gran parte della platea del lavoro pubblico, soprattutto in certe zone del Paese, dove la Pubblica Amministrazione è traguardo sociale più ambito . Ossia, l'illusione che conquistando un posto fisso si entri in qualche modo in un contesto privilegiato e che se, durante la propria vita lavorativa si è furbi e si sa fregare il collega si può fare “carriera”. Senonchè ciò poteva valere per le passate generazioni. Ora ci sono i contratti bloccati su base decennale, gli stipendi da fame, le punizioni disciplinari, i dirigenti nella posizione dei signorotti medievali, la corruzione eretta a sistema che risorge tra una retata e l'altra, la vendita del servizio ai privati non nell'interesse pubblico, una collettività che non ha più soldi, massacrata dal fisco e che piuttosto si farebbe mutilare pur di non dare più soldi a questa Pubblica Amministrazione da paese delle banane. Perfettamente funzionale a tutto ciò è la presenza, in tutti i settori, nella stessa maniera, dei soliti sindacati, col solito numero di iscritti, coi soliti voti. Noterete che le organizzazioni più rumorose (i “conflittuali”), che vi bombardano di e-mail (e lo fanno da anni) ottengono un risultato striminzito, non sfondano. Poi ce ne sono altre, di cui non avete mai sentito parlare, non avete mai letto una e-mail, che ottengono stabilmente risultati ottimi. Ma non si sa neppure cosa propongono. E' evidente che, nella più fedele tradizione del sindacato autonomo è gente che “sa” lavorare, “sa” cosa interessa veramente all'impiegato medio e ha conquistato una sua credibilità dando prova di saper “far ottenere” ciò che è più richiesto. Ovviamente nella massima discrezione.
Non sappiamo cosa accadrà nel 2015, tra tre anni. Molto dipenderà dal quadro sociale e politico di allora che ovviamente è imprevedibile. Crediamo, molto realisticamente, che la scelta di ogni pubblico impiegato (ma, per quanto detto, ormai, di ogni lavoratore, anche privato) sarà tra l'essere protagonista di future trasformazioni o quella di aspettare passivamente e di di vedere cosa accada, cercando, auspicabilmente, di riuscire a conservare il posto, anche lavorando praticamente gratis (come sta avvenendo di fatto da un po' di tempo). Quel che è certo è che il quadro presente nei tabulati dell'ARAN è rappresentativo non già di una conquistata partecipazione o protagonismo dei lavoratori quanto dell'inutilità di organismi concepiti per mettere guinzaglio e museruola ai lavoratori stessi o quanto meno a quelli, una minoranza, ancora un po' vivaci . Per fortuna la storia ci insegna che anche costruzioni più complesse potranno essere bypassate e quindi ignorate da chi vorrà, prima o poi, prendere in mano il proprio destino.
L'AGL, pur rispettando la volontà democratica espressa da migliaia di lavoratori e questi organismi che debbono essere considerati, a loro modo, delle "Istituzioni”, è comunque orgogliosa di non far parte di questo inganno e di avere le mani libere da interessi e rapporti imbarazzanti. Utilizzeremo questa libertà da vincoli per raccontarvi la nostra verità e per proporre le nostre soluzioni innovative e contro corrente, nel panorama sindacale italiano , come abbiamo tentato di fare sin dalla nostra fondazione.

giovedì 22 novembre 2012

OMAGGIO ALL'ON. LUCIANO BARCA, RECENTEMENTE SCOMPARSO

Luciano Barca: Aula Camera osserva minuto silenzio per commemorazione

22 Novembre 2012 - 11:42

(ASCA) - Roma, 22 nov - L'Aula della Camera, dopo una commemorazione del presidente Gianfranco Fini, ha osservato un minuto di silenzio per ricordare Luciano Barca, padre del ministro per la Coesione Territoriale, Fabrizio Barca.

Luciano Barca, scomparso a Roma il 7 novembre, giornalista, scrittore, partigiano e politico italiano, classe 1920, iscritto al Pci dal 1945, venne eletto nel 1956 nel Comitato Centrale del partito ed entro' nel 1960 nella segreteria nazionale. Dal 1963 al 1987 fu deputato al Parlamento, mentre dal 1987 fino al 1992 senatore.

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Consentitemi un ricordo personale dell'allora On. Luciano Barca da parte di un ex ragazzino che allora (a 15 anni, nel '76 o giù di lì) faceva i primi passi nella politica.
Barca aveva, oltre a quelle umane da tutti riconosciutegli,  una dote unica: sapeva far comprendere l'economia anche alle persone più umili. I suoi comizi erano delle lezioni, tornavi a casa arricchito, con la consapevolezza di aver capito qualcosa in più dei meccanismi che governano lo sfruttamento (ancora purtroppo di attualità) dell'uomo sull'uomo.Capivi che era un riformista ma non per opportunismo, bensì per rigore ed onestà intellettuale. Ed inoltre era uomo serissimo ed austero, sullo stile e nel solco di Enrico Berlinguer, una persona della quale tanti lavoratori (anche non comunisti) che l'hanno apprezzato sentono oggi più che mai la mancanza.Così come di Luciano Barca.

lunedì 5 novembre 2012

IL SUICIDIO DELL'INSEGNANTE

Oggi ci troviamo purtroppo a scrivere del suicidio di un insegnante precario di 50 anni,residente nel Meridione.Sposato e padre di due figli.Un insegnante di storia dell'arte che pur avendo ottenuto ad ottobre una laurea specialistica quest'anno non era stato impiegato.Il suo gesto è stato posto in relazione alla sua difficile condizione sociale,addebitato all'insufficienza delle istituzioni e alle politiche perseguite dal responsabile del dicastero, accostato ad analoghi gesti di operai e imprenditori.O, in maniera ancor più complessiva, a questo "sistema" sociale e di valori che probabilmente è alla frutta.Sostanzialmente l'accusa è che chi ci sta governando negli ultimi tempi abbia messo in soffitta la Costituzione e che abbia adottato una insopportabile serie di provvedimenti punitivi per il mondo del lavoro che hanno sfasciato la condivisione di valori e di una prospettiva comune.Le menti, in altre parole, sarebbero state sconvolte dall'avanzare della precarietà e dalla scomparsa di approdi lavorativi stabili e sicuri.
Rispettiamo il gesto dell'insegnante, un individuo ha il diritto di sottrarsi a un destino per lui così insopportabile.
Non ci piace come i governi (quelli di tutte le tendenze politiche succedutesi e quello presente, che vede il sostegno al Ministro da parte delle più grandi forze del Centro, Destra e Sinistra) abbiano trattato e stiano trattando la Scuola, gli studenti e gli insegnanti.Non ci piace chi, allo stesso tempo, piange questa vita che se ne è andata e, contemporaneamente, sui suoi organi di stampa, fa finta di fare opposizione (pur votando per il Governo) per non perdere voti di quella categoria. Non ci piace chi accusa la società di decadimento dei valori e nello stesso tempo, per rassicurare i suoi elettori, ne accetta i principi egoistici e utilitaristici,ben sapendo che sono illusori i meccanismi (che non si sono mai visti concretamente) di temperamento delle scelte economiche con le esigenze sociali.Non ci piace chi ha cercato di egemonizzare per decenni il mondo della scuola (riuscendoci in parte) , lavando i cervelli di migliaia di insegnanti, convincendoli che solo considerandosi massa (e solo massa) avrebbero potuto aspirare a una riscossa collettiva. Quando si compiono queste operazioni mistificatorie poi non ci si può sorprendere degli effetti delle delusioni storiche, dei riflussi, delle reazioni sconfortate e disperate, fino al gesto estremo.I grandi "condottieri" di queste "rivoluzioni culturali"sono ancora lì, gli stessi, dagli anni settanta ad oggi. Loro, alimentatisi di frustrazione e di precarietà (degli altri) sono ancora vivi, altri, vittime più deboli delle illusioni seminate da costoro, sono affondati. E, infine, siamo un pò stanchi del fatto che questa povera Costituzione repubblicana del 1948 venga continuamente chiamata in causa dai figli degeneri di coloro che la concepirono. E' indegno che esseri fatti di nulla se ne servano per assurgere a quella dignità che mai si sono conquistati con la loro opera.
Rivolgiamo anche noi un pensiero alla memoria di Carmine, dicendo però ai suoi colleghi che il modo migliore per onorarne il gesto non sarà nè nel compiangerlo nè nel partecipare al coro organizzato dai finti nemici del precariato.
Bensì nel presentare il conto politico (di questa e altre vite) ai responsabili morali (la classe dirigente di questo Paese, composta da governo succube delle banche e finti critici/oppositori) e di porre le basi, come intellettuali, di una nuova società con valori nuovi in cui non accada più che se un insegnante non riesca a stabilizzarsi in una cattedra con uno stipendio fisso ma da fame non gli si consenta di poter aspirare a impieghi altrettanto onorevoli e meglio remunerati: cioè a "un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società".

martedì 30 ottobre 2012

Empty of Gamblers and Full of Water, Atlantic City Reels

Hurricane Sandy captured Atlantic City and refused to let go. As the rainwater and surging waters of the ocean that hugged its beaches invaded its streets and wrenched apart pieces of the Boardwalk, the city was left an anxious and isolated island. Inside the casinos, no dice rolled, no cards were dealt and no slots beeped.

PUBBLICO IMPIEGO, BUONUSCITA: DOPO CAROSELLO IL GOVERNO MANDA A NANNA I SINDACATI

Il Consiglio dei Ministri ha varato un decreto legge riguardante la questione del prelievo illegittimo del 2,5% ai fini della buonuscita a far data dal 1° gennaio 2011.
Con esso il Governo ha dato attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 223/2012, abrogando l’articolo 12, comma 10 del Decreto Legge n. 78/2010 e facendo tornare così la buonuscita dei dipendenti pubblici al regime del TFS, più vantaggioso del calcolo del TFR introdotto nel 2010.In parole povere: non ci sarà nessuna restituzione di denaro (chi aveva prenotato una vacanza alle Maldive è meglio che dia disdetta).
Quindi a tutti quei sindacati che avevano tratto spunto per preannunciare ricorsi (ovviamente non a carico loro ma dei lavoratori) , alzare un polverone e ritrovare una identità perduta, è stato infilato velocemente e dolcemente qualcosa di consistente nel posto che tutti immaginiamo.
La domanda che si fanno tutti, ora, nel pubblico impiego, è: cosa potrà tenere svegli i sindacati, visto che i contratti sono bloccati da e per anni, le retribuzioni sono da fame ma non potranno essere aumentate in nessun modo perchè i sindacati da trent'anni hanno accettato una finta contrattazione che pone un limite superiore agli incrementi legato alle risorse stanziate dalle Leggi di Stabilità (e, per molto tempo, no Martini no party, ossia: no soldi no aumenti), da anni i Ministri della Funzione Pubblica incontrano i più grandi sindacati solo per comunicare le loro decisioni, le RSU sono belle ma inutili, perchè non contano nulla, all'inizio degli anni '90 i sindacati dettero il via libera alla costituzione di una dirigenza strapagata, sperando di avere qualcosa in cambio (in realtà - ed è la sola cosa che tiene in vita i sindacati rappresentativi del Pubblico Impiego- distacchi e permessi sindacali: chi ce li ha ci campa, chi non è ancora rappresentativo ne ha fatto l'obbiettivo di una vita). In effetti quelli, oltre alla mano,  si sono presi il braccio, costituendo una casta di semi-dei (anche se, esteticamente, un pò sfigati), più potente dei politici (questi ultimi vengono e vanno) loro invece restano tutta la vita (e oltre?) e per prima cosa hanno piallato con lo strumento disciplinare quelle punte, nel sindacato ma anche nel personale, che potevano loro dare fastidio.Da ultimo sta per essere abbattuto l'ultimo tabù: il licenziamento (preceduto da mobilità al 60% dello stipendio) dei pubblici dipendenti che andrà avanti nelle amministrazioni più deboli (e a più alta numerosità e diffusione sul territorio) innanzitutto e, in quelle più forti, verrà di molto attenuato (e, subito dopo, coi risparmi attuati, verranno indetti "concorsi" per assumere figli e nipoti al posto degli epurati).
E il sindacato? Serve, serve (altrimenti c'è il rischio che qualcuno di poco gradito occupi quegli spazi). Ma i sindacalisti devono essere educati, silenziosi, bravi, buoni e pettinati. E dire sempre di sì.
Se qualcuno si agita troppo (come è avvenuto in questi giorni per la questione della buonuscita) poco male. Il piccolo fuori programma (il Carosello) è finito quindi...tutti a dormire!Sognando che arrivi il Gigante Buono


mercoledì 10 ottobre 2012

THYSSEN TERNI: NEL GOVERNO ABBIAMO QUALCUNO SVEGLIO COME L'OMINO SVIZZERO DELLO SPOT?

Di questa vicenda si parla da tempo e questi sono gli ultimi sviluppi:
http://www.ilmessaggero.it/umbria/terni_acciaio_outokumpu/notizie/224701.shtml
Il destino della nostra industria nazionale (questo non è che l'ultimo episodio) appare ormai segnato. Figuriamoci poi l'indotto. Quello sarà spazzato via nel silenzio. Un disastro economico, produttivo e sociale. Eppure, qualche decennio fa, la parte più coraggiosa del Paese seppe comprendere come difendere gli apparati produttivi dal tentativo di smantellamento e distruzione di una potenza straniera occupante in ritirata fosse un dovere e un'emergenza. Non solo, invece, abbiamo perso delle infrastrutture materiali ma, quel che è più grave, siamo in mano a una classe dirigente priva di dignità e orgoglio nazionale. Ma anche in difetto di queste qualità ci accontenteremmo di furbizia, scaltrezza, abilità diplomatica al servizio, per una volta, degli interessi dell'Italia. Neppure questo. Qualcuno, tempo fa venne sbeffeggiato perchè sosteneva che le ambasciate italiane dovevano trasformarsi nei più grandi apparati di promozione dell'economia italiana all'estero. Ovviamente ci fu grande resistenza da parte del corpo diplomatico, concepito e strutturatosi per tutt'altre missioni e che intendeva continuare a lasciare agli avventurieri del commercio internazionale ogni vera iniziativa in merito, considerandola , dall'alto in basso, troppo volgare. E abbiamo perso pezzi sempre più grandi di mercato, a livello internazionale, a vantaggio di paesi più grintosi, intraprendenti e affamati. Ritardi della diplomazia, della classe politica ma anche di quella imprenditoriale, in generale e, purtroppo, anche da parte di quella di punta, più attenta agli interessi di bottega che a passare alla storia. Non ci sono stati più Mattei dopo Mattei. E ce ne accorgiamo ora. Come Paese siamo zero nell'economia mondiale, zero nelle istituzioni internazionali, salvando la faccia solo grazie alla Moda e alla dieta mediterranea. E non abbiamo scuse perchè sulla carta, dal punto di vista qualitativo (ma teorico) questo è (avrebbe dovuto essere) il governo più qualificato del dopoguerra. Viene il dubbio che i grandi personaggi che ne fanno parte , a loro volta, rapportino l'attivismo ai propri interessi privati. Ecco, forse per recuperare quanto di italiano c'è nello stabilimento di Terni, per mantenerlo integro, per interloquire con imprenditori anche esteri interessati a continuare a farlo lavorare, per creare a livello internazionale le condizioni politiche e di mercato affinchè ciò avvenga, non ci vorrebbe poi tanto. Basterebbe un Ministro dello Sviluppo Economico che avesse la stessa voglia di impegnarsi per il proprio Paese (e non questa volta solo in nome dei propri rapporti economici personali passati) che dimostra l'omino svizzero dello spot pubblicitario.

giovedì 27 settembre 2012

SCIOPERO LAVORO PUBBLICO 28/9/2012: LE RAGIONI DEL "NI"

In merito allo sciopero di domani non ha poi molto senso precisare se si aderisca o meno, se sullo stesso si sia o meno d'accordo. Perchè ogni lavoratore è libero di decidere con la sua testa. Semmai può essere utile fare qualche considerazione sul momento nel quale questa iniziativa di CGIL e UIL si colloca. Al momento in cui scriviamo, solo la CONFSAL ha deciso di aggregarsi, seppur separatamente.
La CISL è stata contraria sin dall'inizio, UGL e CISAL si sono tirate indietro all'ultimo momento, il sindacalismo di base per lo più contesterà gli organizzatori ma certamente non si farà scappare l'occasione per presentarsi in spezzoni dei cortei, costituendo essi comunque momenti di “conflitto”.
Chi ha iniziato a seguirci da un po' di tempo sa già cosa noi pensiamo dello strumento sciopero. Lo consideriamo controproducente nel settore pubblico (non procura danni ma solo guadagni alla Amministrazione controparte, è noto infatti che nella PA non si crea profitto), irrilevante nel privato, purchè lo stesso non sia ad oltranza fino al raggiungimento dell'obbiettivo.
Ci potrebbero domandare, allora, quale sia l'alternativa, là dove ci sia l'esigenza di lottare?Nella P.A. : campagne informative verso l'opinione pubblica su fatti e comportamenti di singole Amministrazioni e dirigenti che solo chi è all'interno della PA può conoscere. Nel privato, appunto, lo sciopero ad oltranza. Si fanno provviste e si smette di lavorare.
Ma in entrambi i casi, la condizione è che le iniziative si decidano, organizzino e attuino assieme, da parte di tutti i lavoratori, tramite le rappresentanze comunque esistenti. Non è opportuno agire da minoranze, poiché se la maggioranza decide di non protestare vuol dire che c'è un problema ossia che i lavoratori vogliono altro, nei contenuti e nei metodi.
Il concetto che uno sciopero possa “incidere sull'azione del governo” è, in questo quadro istituzionale, sbagliato. Per il semplice motivo che ad incidere sul governo devono essere i partiti, attraverso l'azione parlamentare o, al limite, con la competizione elettorale. Ma i partiti non si interessano di ciò, per cui dal mondo del lavoro occorre supplire a questa assenza. Ma non è giusto neppure che tutto si blocchi per l'ignavia e l'irresponsabilità dei partiti. Pertanto non solo deve essere messo in discussione il concetto di sciopero ma anche quello di “autonomia” dei sindacati dalla politica e dai partiti. Sappiamo che questa autonomia non c'è, che la politica in realtà influenza i sindacati che avrebbero forza economica e elettorale per ribaltare il rapporto. Ma non usano questa forza perchè i partiti hanno imposto loro di essere “autonomi” quindi impotenti rispetto alla politica stessa. La soluzione? Un partito dei lavoratori dipendenti? Non avrebbe successo, ricalcherebbe l'esperienza del partito dei pensionati. Sarebbe meglio invece cambiare proprio modello (sarebbe ora), passare a un assetto di tipo (da adattare all'Italia) anglosassone in cui vi è uno stretto legame , dichiarato, trasparente, alla luce del sole, tra partiti e sindacati. Non si vuole farlo? Pazienza, allora vuol dire che i lavoratori e la parte migliore del sindacalismo italiano hanno la vocazione alla sconfitta. D'altronde, che fine farebbero le associazioni di beneficienza (al cui interno a volte si gestiscono milioni di euro) se improvvisamente sparissero i bisognosi? Occorre quindi comprendere come vanno le cose. Il nostro sindacato è l'unico in Italia che non prevede l'incompatibilità tra cariche politiche e cariche sindacali. Perchè se si vogliono servire i lavoratori lo si può fare contemporaneamente e in maniera trasparente su entrambi i versanti. In Italia non si puo? Semplice, perchè uno alla luce del sole fa il sindacalista ma al buio il politico. Oppure, all'aperto il politico, ma segretamente, il lobbista di pezzi del potere pubblico (con il relativo esercito di dipendenti) o di quello privato.
Con questa scusa che la colpa non è dell'Amministrazione, ma della politica, la politica ribatte che occorre prendersela con la maggioranza governativa, la quale si difende affermando che non ha potere. Ma chi consente a dei non eletti di governare? Alcuni partiti che però, guarda caso non sono la controparte di questo dichiarato sciopero, se non per una allusione costante agli sprechi e ai costi della politica. Grande fesseria (se intesa come misura risolutiva) perchè innanzitutto anche abolendo quei costi non risparmieremmo quanto occorre ad esempio per sbloccare i rinnovi contrattuali del settore pubblico e poi perchè se con la politica non si potesse guadagnare quanto occorrente a far fronte ai costi neppure i frati si impegnerebbero per il bene comune. E poi un piccolo particolare: un parlamentare è eletto dal popolo (seppur in alcuni casi, con il porcellum, nominato dalle gerarchie partitiche, le quali però hanno interesse alla presentabilità elettorale dei singoli, pena la trombatura della lista), un dirigente invece (che rimane anche quando cambiano i ministri e che è quello che in realtà comanda a vita in un ramo della PA) ha solo vinto un “concorso” (vogliamo parlare dei concorsi italiani?). E noi, quando si parla di interesse pubblico (ad esempio relativamente ai risparmi da attuare nella PA) non possiamo porre sullo stesso piano questi due soggetti: pendiamo dalla parte di colui che ha avuto (anche se in maniera tortuosa) i voti della gente, con una faccia conosciuta, non di chi magari, a nostra insaputa, è sul libro paga di chi sa chi e di cui non conosceremo mai il volto). Ecco perchè noi come sindacato (unici in Italia) siamo per lo spoils system e per la magistratura elettiva, ad esempio. La cosa non ci rende popolari? Pazienza, accomodatevi, andate avanti con questi “sindacati” che hanno “vinto” il blocco per 7 anni dei rinnovi contrattuali.La Camusso pertanto (per fare un esempio, ma vale per le altre sigle) lasci perdere il povero Monti, che è solo un esecutore del potere bancario e se la prenda con Bersani, chiedendogli conto di che diavolo stia combinando in quella maggioranza. Invece di chiedere a Marchionne quali siano i modelli previsti da FIAT (e Marchionne fa bene a tenere segreto ciò per non avvantaggiare la concorrenza) chieda a Bersani (che, piccolo particolare, è già stato per anni Ministro dello Sviluppo Economico) che modello di società e economia realizzerà se vincerà le elezioni.E visto che siamo a dirci la verità su tutto, sarebbe ora che non i sindacati ma i singoli lavoratori italiani (soprattutto quelli pubblici) ci facessero capire, se veramente la situazione per loro è così grave, perchè la propria combattività è ai minimi termini nell'Occidente capitalistico. Ci rifiutiamo di credere che si rinunci a difendere appieno la propria dignità solo perchè le banche tengono il cittadino per i cosiddetti ricattandolo sul mutuo della casa. Perfino in Cina si stanno ribellando, ma sul serio e non con un rituale sciopero generale di un giorno. Non si capisce perchè in Italia questo non avvenga. E qui la colpa non è della Camusso, persona in buona fede che come tanti sindacalisti (e politici) ha dedicato la vita a interessi superiori rispetto a quelli personali. Non si ritiene di ribellarsi oltre certi limiti? Anche qui, pazienza. Quando sarete pronti, cari lavoratori italiani, fateci un fischio.Almeno Bonanni e Centrella su questo sono coerenti. Preso atto della volontà della maggioranza dei lavoratori pubblici di evitare realisticamente il peggio e di non pensare, per una volta, altro che a se stessi, accontentandosi di non perdere il posto e di vivere con uno stipendio da fame, hanno tratto spunto dal segnale fornito da Patroni Griffi qualche giorno fa e si sono dichiarati disponibili a trattare, seppur in posizione di debolezza e svantaggio, per riaprire quegli spazi di contrattazione che fino a ieri sembravano addirittura appartenenti alla preistoria.
In ogni caso, a parte queste considerazioni, rispettiamo entrambe le opinioni, auguriamo agli scioperanti un buon successo della loro iniziativa e apprezziamo anche la posizione di chi coerentemente e in buona fede è convinto dell'inutilità (e della dannosità) dello sciopero in presenza comunque di un avvio di dialogo.
Come AGL (questo il senso del nostro intervento) riteniamo però di non concordare né con l'una né con l'altra posizione. Noi pensiamo solo al futuro (ormai il presente è compromesso) Va recuperato nel merito un coordinamento tra le espressioni rappresentative dei lavoratori, eventuali future iniziative dovranno, quanto meno nel metodo, essere di spirito unitario per essere incisive.
Quello che secondo noi è evidente (e più importante, altro che lo sciopero o la trattativa con Patroni Griffi, con Marchionne o con Monti) è che questo modello sindacale non solo è in crisi ma ha perso e che occorre ripensare (pur nel rispetto di una gloriosa storia di lotte) al modo di essere del sindacato nella società e nella politica italiana. Nell'esclusivo interesse dei lavoratori.

giovedì 20 settembre 2012

INCONTRO FIAT/GOVERNO : UN'IPOTESI MALEVOLA...

Dunque l'incontro Governo/FIAT sarà sabato 22 settembre. E' veramente singolare questa improvvisa fibrillazione sull'”investimento” FIAT di questi giorni. La stampa, all'unisono (in maniera, come al solito, grossolana e sospetta), sta proponendo questo giorno come quello del giudizio. Ma non dobbiamo dimenticare un avvenimento che sta procedendo parallelamente: il Governo sente di non farcela da solo a tirar fuori l'Italia dalle secche della crisi e ha chiesto l'aiuto dei Sindacati, chiamandoli a una trattativa sulla produttività che però, secondo Monti, dovrà entro fine mese portare comunque a un “risultato”, cioè a un accordo.
Ma i sindacati (tranne uno che secondo noi ha già stipulato un accordo sottobanco col governo per finalità politico-elettorali) cincischiano. Le piazze e le fabbriche li pressano, la situazione sta cominciando a diventare ingestibile anche per loro. Hanno convocato, quello era scontato, lo sciopero generale del pubblico impiego (sempre per fine mese). La carta di quello generale di tutto il mondo del lavoro (inutile, come tutti gli scioperi di un solo giorno) forse alcuni di essi, per puro spirito di bandiera, se la giocheranno tra due mesi. Ma gli scioperi servono da un po' di anni in qua solo a salvare la faccia.
Facciamo un'ipotesi: che Marchionne abbia convinto Monti Passera e Fornero che, così come avvenuto a Pomigliano, l'accordo Governo/Sindacati (anche senza la CGIL) possa andare in porto solo con un ricatto occupazionale, questa volta su più vasta scala. Ossia: se l'accordo si fa su certi contenuti, bene, la FIAT prosegue in Italia, altrimenti... E che con questa risultanza dell'incontro con FIAT poi Monti vada a sedersi al tavolo con i sindacati, per ratificare un accordo scritto dal Lingotto. Se ci pensate bene, con questa mossa, i Sindacati sarebbero in trappola, in quanto non firmare un accordo col governo con i contenuti dettati da FIAT significherebbe assumersi la responsabilità di aver concorso a chiudere gli stabilimenti e a porre in mobilità decine di migliaia di lavoratori (con le prevedibili ritorsioni degli stessi). E ad aggravare, con le conseguenze sull'indotto e il clima di pessimismo che indurrebbe, la crisi generale, economica e finanziaria, del Paese. Firmarlo significherebbe evitare lo choc-FIAT dietro l'angolo, ma perdere completamente di credibilità nel Paese. I Sindacati verrebbero percepiti come soggetti succubi dei poteri forti, mai e poi mai in grado di imporre una nuova politica industriale. In entrambi i casi la prospettiva è quella di un sindacato più diviso e quindi più debole e di una sconfitta politica e sindacale del mondo del lavoro italiano. Il problema non è di FIAT che, come risulta oggi dai giornali, sta per aprire con Chrysler centri in Australia, Giappone e Russia (dopo quelli in Argentina,Brasile, Cina e Emirati Arabi Uniti). Il problema è dei lavoratori italiani che da anni hanno ingaggiato leader sindacali poco lungimiranti che li stanno portando (non solo in FIAT) dritti dritti alla sconfitta.

domenica 16 settembre 2012

UNA NUOVA SCUOLA? PER ORA SOLO IL PROFUMO...

La questione precari della scuola. Il tema di scontro di questo inizio anno scolastico è il “concorso” per 11.000+11.000 posti annunciato per i prossimi settembre ed aprile. Sembrerebbe una buona notizia per tanti giovani, forniti di laurea, bisognosi di lavorare che sinceramente aspirino a dare, nella scuola, come insegnanti, il loro contributo allo sviluppo del Paese. Senonché, da anni, nelle graduatorie ad esaurimento, ristagnano centinaia di migliaia di insegnanti precari .Questi però non sono in naftalina. Sistematicamente, ogni anno, un centinaio di migliaia di essi viene ingaggiato e poi rimesso a riposo, senza venire assunto , svolgendo, come se niente fosse, un intero anno scolastico, al pari dei loro colleghi di ruolo, insicuri della riconferma e non percependo lo stipendio a luglio e ad agosto. Gente che si capisce bene quali difficoltà, data la particolare natura del proprio lavoro, abbia ad “arrotondare” “arrangiandosi” così come è ovviamente più agevole per lavoratori di tipo manuale. Il Ministro Profumo (che come tutti i suoi predecessori, sarà arrivato già a maledire il giorno in cui ha accettato l'incarico) ha cercato di vendersi, di fronte all'opinione pubblica, il concorso con l'immagine migliore possibile, dicendo che avrebbe dato spazio ai giovani. Non l'avesse mai detto: gli hanno fatto subito notare lo “sbarramento” al 2004. Poi gli è venuto in mente (come faceva Berlusconi una volta) di dire che lui nello Stato è l'unico che sta assumendo. Anche qui faceva meglio ad evitare di dirlo, essendo i 24.000 immessi in ruolo (altro provvedimento di questo Governo) esattamente pari agli insegnanti , in concomitanza, andati in pensione. Quindi non nuove assunzioni, che avrebbero potuto attenuare il fenomeno delle classi pollaio (30-35 alunni per classe) ma semplice sostituzione numerica. Anche in questo caso c'è un elemento immateriale a pesare la cui serietà nelle conseguenze educative graverà negli anni in molti futuri cittadini adulti. Classe numerosa significa senz'altro tanta allegria ma anche didattica svolta in maniera più sommaria e sbrigativa; la precarietà dell'insegnante inevitabilmente lede l'immagine dell'educatore di giovani, i quali sin da quell'età si abitueranno a considerare tutto lo Stato precario, insicuro, non affidabile, ingrato con chi abbia conquistato, con fatica e con merito, risultati nello studio. Un aspetto interessante, per noi che ci occupiamo di sicurezza sul lavoro, è ricordare che il TU sulla sicurezza, vanto da qualche anno di questa classe dirigente, prevede un massimo di 26 alunni per classe. Possiamo immaginare quanto potranno essere sensibili alla sicurezza questi futuri imprenditori e lavoratori che sin dai banchi di scuola imparano che le leggi in materia sono lettera morta. In aggiunta, la scuola sarà pure sempre più informatizzata ma l'edilizia scolastica è peggiorata rispetto a quando ancora internet doveva vedere la luce: il MIUR ha calcolato 12.000 edifici scolastici a rischio e non si capisce come verranno messi in sicurezza. Immaginiamo che i governanti daranno la colpa a chi avrà voluto l'abolizione delle Province,,,
Se l'assistenza ai disabili ancora non è un lusso (ma ci aspettiamo prima o poi che spunti qualche tecnico a dircelo...) osserviamo che siamo messi male anche con l'attuazione completa della figura dell'”insegnante di sostegno”.
Tornando alla questione concorsi, è interessante il dibattito sulla legge “del doppio canale” che impone il reclutamento degli insegnanti per metà dalle graduatorie e per metà dai concorsi (modalità, quest'ultima, unica, secondo le previsioni della Costituzione).Ovviamente, essendo in teoria condivisibile, sempre che la Costituzione non venga cambiata in corsa (ricordiamo tuttavia che per finanziare la scuola privata tutti questi scrupoli costituzionali, da parte delle classi dirigenti,non li abbiamo riscontrati) che la prospettiva auspicabile sia quella della riconduzione totale del reclutamento alla modalità concorsuale, è chiaro che il campo di gioco, dal punto di vista politico, è quello della gestione di un periodo transitorio la cui durata, però, non a caso, è lungi dall'essere stata determinata. E qui vengono cattivi pensieri poiché molti di quegli incolpevoli insegnanti resteranno per anni in graduatoria, i ministri della istruzione (se sono veri i rumors sulla riforma elettorale) torneranno a cambiare una volta all'anno (e quindi tanti saluti alla programmazione di lungo termine) e all'opposizione i “professionisti” della contestazione continueranno per decenni a vivere politicamente su movimenti che di anno in anno rivendicheranno riforme che loro stessi sanno che non si faranno mai, Il tutto in una nave Paese che affonderà nell'incultura, nel sottosviluppo e nel debito pubblico.
Sostanzialmente Profumo intende avviare una fase transitoria in cui si faccia un concorso ogni due anni , con le modalità semplificate a suo tempo stabilite dall'ex Ministro Fioronio (PD), in cui il numero dei vincitori sia pari a quello dei posti messi a concorso, in modo da evitare gli idonei e quindi l'alimentazione di ulteriori graduatorie. Agli attuali presenti in graduatoria egli lascerebbe la libera scelta se fare i concorsi o rimanere nella graduatoria a esaurimento. Già per l'anno scolastico prossimo i due concorsi provvederanno al reclutamento di 5000+5000 nuovi insegnanti. E continuare, parallelamente, col canale di reclutamento delle graduatorie.
L'obiezione che a gran voce viene dal mondo della scuola è: ma non era meglio pensare prima a reclutare, seppur gradualmente, senza concorsi ,tutti i 150.000 precari (tenendo conto che si tratta di persone laureate, vincitrici di concorso, abilitate, pluriqualificate, ecc) e poi, eventualmente, riprendere la normalità dei concorsi?Non c'è il rischio di ingiusti “scavalcamenti “?Ma, addirittura, sono arrivate critiche sul fatto che i futuri concorsi siano riservati ai soli abilitati e non a tutti i laureati, con minore attenzione, quindi, per i giovani.
E' evidente, a nostro parere, che la responsabilità di questo caos è della maggioranza parlamentare (di cui il Ministro è espressione) che doveva cambiare la legge del doppio canale, con la stessa velocità con cui vengono approvate le leggi che procurano finanziamenti ai partiti. C'è ancora tempo. Datevi da fare. Anche perché è assurdo che in un epoca di esaltazione dei valori aziendalistici, quando effettivamente capita che una figura professionale abbia dimostrato sul campo di saper fare il proprio lavoro (i precari) ciò venga ignorato sistematicamente (e, aggiungiamo noi, irresponsabilmente).Il Ministro Profumo, invece di avvitarsi in bizantinismi, potrebbe prendere carta e penna e progettare una legge che stia in piedi, che la maggioranza possa approvare. E' un tecnico di valore, seppur non eletto da nessuno, che abbiamo “assunto” in quanto credevamo capace di risolvere i problemi, né di metterli nel congelatore né, tanto meno, come sta facendo ora, friggendoli in padella (e nelle scuole, vi assicuriamo, sta per scoppiare una rivoluzione).
Odiosa inoltre è la vicenda degli inidonei, 3500 insegnanti che si sono ammalati gravemente (fino a ieri, non potendo stare a contatto con i ragazzi in aula, potevano, ad esempio, essere impegnati nelle biblioteche, che negli anni spesso sono divenute uno dei fulcri della attività scolastica) e sono stati deportati (in conseguenza della spending-review) ad attività di competenza del personale tecnico-amministrativo (dequalificazione dal 6-7° al 4° livello, oltre allo svolgimento di mansioni non inerenti alla loro laurea).Scalzando per giunta da quegli uffici i precari ATA a loro volta in sofferenza. Questo bailamme creato, sembra, solo per risparmiare 28 milioni di euro (somma che il governo avrebbe potuto recuperare più agevolmente facendo sequestrare i beni di uno o due dei consiglieri regionali, appartenenti, però, ai partiti di maggioranza , pescati dalle forze dell'ordine, nei mesi scorsi, a intascare mazzette).
Anche nel caso della Scuola viene spontaneo il dubbio. Quale interesse possono avere Monti, Profumo, il loro Governo e la loro Maggioranza a sviluppare seriamente la scuola pubblica?

UNIVERSITA' E RICERCA: QUALI PROSPETTIVE?

E' inutile chiudere gli occhi su un fenomeno che oggettivamente sta andando avanti da anni in Italia, quello del progressivo ridimensionamento dell' università attraverso il sostanziale blocco del turn-over , la caduta delle immatricolazioni, il calo dei laureati e l'emigrazione dei cervelli. D'altra parte in Italia, al contrario di ciò che invece è accaduto, ad esempio, negli Stati Uniti, l'immigrazione è fondamentalmente concepita come afflusso di braccia e non di cervelli. E questo è un fattore che peserà in maniera determinante sullo sviluppo, nei prossimi anni, del nostro Paese.
E' controverso se di questa situazione sia causa o effetto la tendenza, da parte dello Stato, a ridurre (negli ultimi anni a tagliare) la spesa pubblica destinata alla istruzione pubblica e una certa concomitante accondiscendenza nell'allentare la tensione rivolta alla verifica che lo sviluppo della concorrente istruzione privata avvenisse effettivamente, come stabilisce la Costituzione, senza oneri per lo Stato stesso. L'attuale compagine governativa, in tal senso , ha trovato il lavoro sporco ormai quasi tutto fatto da Tremonti e, malgrado le intenzioni e i proclami, non è riuscita a invertire la tendenza né a farci intravvedere qualcosa di realmennte alternativo . La conclamata battaglia contro la dispersione scolastica,meritoria nelle intenzioni, non ha potuto approdare, con questi chiari di luna, a nulla di realmente tangibile. Si badi che nel mondo dell'istruzione la situazione è drammatica non solo dal versante dell'occupazione e del precariato ma, soprattutto, da quello della ricerca, fattore prioritario di competitività. In parole povere, anche se non ce ne accorgiamo, con pazienza, da anni, l'Italia sta ponendo le basi del suo futuro declino e sottosviluppo, irreversibili, nel momento in cui umilia e azzera la ricerca. Nell'Università, in particolare, in una situazione di calo delle immatricolazioni e di aumento dei fuoricorso, anche la mera riapertura della possibilità di aumentare sensibilmente le tasse universitarie assomiglia in maniera impressionante all'avvelenamento che provoca l'infermiere maldestro sbagliando l'applicazione della flebo al paziente. Nessuno può pensare che la mano che fermi questo scempio possa levarsi dall'Europa in cui governano proprio i nostri competitor , allettati da un declino del nostro Paese a favore della loro industria. Dobbiamo quindi pensare da soli a salvarci, se ancora siamo in tempo.
Ricordiamo i nostri preoccupanti dati di partenza: riduzione delle immatricolazioni all'università del 10%, laureati italiani al 20% dei giovani (l'UE ce ne chiede almeno il 40%) , un giovane su due che va via dall'Italia è laureato (3000 l'anno- ma è un dato sottostimato perché quelli sono solo coloro che lo ufficializzano cancellandosi dall'anagrafe-, la metà ha meno di 40 anni),immigrati che non operano un ricambio di pari livello culturale in quanto hanno titoli di studio più bassi.
Quello che negli anni '70 era lo slogan di punta dei movimenti di contestazione, il diritto allo studio, è ormai riposto in soffitta da tutti gli operatori del settore e protagonisti della dialettica politica e sociale. Il dato che l'Università sia (per qualcuno debba) essere classista sembra ormai incontrovertibile e irreversibile. E ovviamente , come logica conseguenza, il nepotismo per l'accesso alla docenza conosce una seconda gioventù, come quei parassiti che hanno sviluppato, dopo la tempesta mediatica di qualche anno fa,la resistenza ai più potenti insetticidi. E anche perché i soldi a disposizione sembrano non esserci proprio. In compenso gli istituti per il diritto allo studio spuntano come funghi, Se trovassimo la maniera di far produrre energie dalle scartoffie e dalle poltrone (escludendo la combustione) avremmo risolto il problema del deficit energetico dell'Italia.
La competenza delle Regioni, in materia di diritto allo studio, produce da anni la frammentazione delle politiche, dei flussi di denaro e un potente alibi al ministero. Esiste un grande problema relativo all'orientamento, dato che dopo il primo anno, circa il 23% degli studenti lascia l'Università. E questo abbandono arriva, negli anni successivi, addirittura al 50%.
Esistono precise strategie per ovviare a ciò. La soluzione è meno difficile di quanto si pensi, considerando che copiare, una volta tanto, da altri Paesi europei dove questi fenomeni di abbandono non si verificano, sarebbe dignitoso e meritorio da parte dei nostri governanti. Ma qui vanno a braccetto gli interessi della università privata con quelli dei falsi progressisti, spesso intrisi di pregiudiziali ideologiche incattivite dai fallimenti di lotte pluridecennali.
Che fare per trattenere laureati e ricercatori? Semplice (lo fanno già all'estero): pagarli di più, garantire loro migliori condizioni di lavoro, fare in modo che si “sistemino” nelle istituzioni e nelle imprese italiane, non chiudere loro le opportunità che si presentano, difenderli dai raccomandati, valorizzare il merito.
Fino al 2010 si tentò un piano di rientro ma da allora tutto è bloccato, con risultati insufficienti ad invertire la tendenza. Intendiamoci, la mobilità è un fattore necessario e positivo, nella ricerca come in tante altre attività. Il problema è che questi non tornano più e sfuggono l'Italia come la peste. E l'Italia, in sostituzione a loro, non è neppure in grado di essere appetibile per altri ricercatori stranieri. In Italia, poi, contrariamente a quello che accade all'estero, il contratto a tempo determinato è sinonimo di precarietà e miseria. Stiamo parlando di Università italiane ma anche di Enti di Ricerca, l'ulteriore sbocco, nel quale non c'è certo una situazione migliore. Contrariamente ad altre parti del settore pubblico in cui il blocco del turn-over , dato il progresso tecnologico e informatico, ha effetti positivi in direzione della razionalizzazione delle mansioni e della riduzione del costo del personale e quindi della spesa pubblica, nella ricerca esso è devastante in quanto il continuo ricambio e confronto anche generazionale è un riconosciuto fattore di dinamicità e successo, che rende molto di più di quanto finanziariamente investito. Se blocco del turn-over nella ricerca significa chiusura di spazi per i giovani, è ovvio che si crei un flusso migratorio verso paesi che nell'attuale fase investono molto di più in quel settore. Nell'Università l'ultimo concorso, ricordiamo, è del 2008.
Tutti quelli fatti finora sono bellissimi discorsi ma torniamo alla realtà, di tagli e spending-review Quindi, nel futuro prossimo niente soldi, per il presente utilizzo di residue risorse pubbliche e di fondi regionali o delle fondazioni bancarie private che, al massimo, consentiranno quest'anno, la abilitazione di professori di seconda fascia (l'80 % dei quali però saranno dei ricercatori a tempo indeterminato che verranno, con quei fondi residui,in tal modo, promossi. Forze nuove, come si vede, ben poche Pannicelli caldi quindi (venduti abbastanza bene con effetti annuncio) , altro che crescita fondata sul rilancio della competitività. Pensate che anche per quel risicato 20% vi saranno domande in massa poiché nessuno sa prevedere quando passerà il prossimo treno (concorso). Sembra una scena tratta da “Roma città aperta”.Povera Università italiana!A quanto afferma Profumo (procedure di abilitazione annuale già programmate fino al 2015) non crede di fatto nessuno. Perché non ci sarà più lui e non è il momento da permettersi programmi a medio termine. Il “profumo” (quello solo) c'è ma non costa nulla!
Ci sarebbero, in realtà, altre risorse, quelle europee che, tuttavia, anche in questo campo, riusciamo ad utilizzare mendo di altri Paesi. In sintesi, il problema è nella scarsa capacità di adeguamento alle regole e alle tempistiche europee da parte sia delle istituzioni che della platea di potenziali beneficiari. Non quindi un deficit qualitativo ma organizzativo, che speriamo (ormai per l'attuale tornata di fondi c'è poco da fare) possa essere colmato in occasione dei prossimi bandi.
Ritornando all'aumento delle tasse universitarie per i fuori corso, motivato dal governo con un giro di vite volto a chiedere , rispetto all'investimento finanziario che lo Stato fa per ogni studente, una maggiore e più stringente tempistica che rispetti la durata teorica del corso di studi, troviamo particolarmente odioso che l'idiosincrasia dei politici italiani per la serietà nel mantenere gli impegni, le promesse e nel rispetto dei tempi venga scaricata su giovani (e meno) che hanno coltivato per anni un sogno oneroso non certo , a quel punto, per una aspettativa professionale o di carriera ma per una disinteressata soddisfazione a voler coronare un progetto, tra tanti sacrifici, ivi compresa la condizione di studente lavoratore, spesso in nero.
Lo studio deve essere disinteressato e libero, siamo contro il numero chiuso e per l'abolizione del valore legale del titolo di studio. E' spregevole che si giustifichino mere operazioni di cassa a favore delle baronie accademiche e della burocrazia di sostegno, distruggendo i sogni di tanti giovani.
Se un giovane non ha tempo di andare all'università se non il giorno dell'esame non si capisce proprio quale onere ciò comporti per lo Stato se non quello di garantire lo stipendio a docenti evidentemente poco competitivi , seppur con buone parentele.
Si parla di autonomia e discrezionalità da parte di ogni Università, la quale, tristemente, dovrà scimmiottare i Comuni che stabiliscono l'aliquota IMU. Immaginiamo cosa accadrà...
Tolto il trucco dalla faccia, la realtà di questo governo emerge in modo impietoso. La riforma Gelmini non è stata per nulla corretta. La riforma si dice non è stata rifatta per mancanza di tempo. Qualche pezza, però, qua e là, poteva, con un po' di buona volontà, anche essere collocata. E invece, nulla di nulla.
A nostro parere l'errore di Profumo e della sua maggioranza è quello di condizionare l'operatività della ricerca alla ripresa e non di inventarsi una maniera nella quale la ricerca possa essere la causa di una ripresa. E' ovvio che la fiscalità attuale è incapiente ma altrettanto ovvio che da scelte diverse di dislocazione delle risorse potevano emergere quelle per scuola ricerca e università. Perché NON è vero che TUTTI i settori siano ormai agli sgoccioli . Nella politica, nelle istituzioni, nell'impresa vi sono realtà che ancora potrebbero e dovrebbero dare tanti soldi al Paese. Che non lo si voglia, poi, è un altro paio di maniche. Se i partiti che sostengono Monti hanno l'80% dei voti significa che forse è la gente che deve decidere con più chiarezza cosa vuole dalla politica, quale modello di istruzione le chieda di valorizzare. E poi un'altra domanda “capitale”: conviene davvero al settore privato che le risorse vengano assegnate a una ricerca i cui risultati siano di pubblica utilità? E conviene a Monti e al suo Governo spingere in questa direzione?