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giovedì 28 giugno 2012

IMMIGRAZIONE: STOP AL CONSUETO POLVERONE POLITICO. USIAMO IL BUON SENSO.

L'ultimo rapporto Caritas parla di 600 mila stranieri che hanno perso il permesso di soggiorno a seguito della perdita del lavoro.
Presumibilmente molti di questi non sono tornati nel loro Paese ma sono rimasti in Italia nella clandestinità e lavorando in nero.
E' per il nostro Paese un enorme passo indietro sul sentiero della civiltà.
Siamo per la regolarizzazione di tutti coloro che stanno già in Italia solo per lavorare. Sarebbe un grande atto di umanità e un beneficio economico rilevante per le casse statali in crisi. Attenzione però a non sovraesporre in maniera eccessiva il legame tra clandestinità degli stranieri, criminalità e lavoro nero. Fenomeni che oggi ormai colpiscono, alla stessa maniera, i lavoratori italiani. Regolarizzare significa far emergere la reale consistenza della forza lavoro in Italia al fine di adottare soluzioni valide per tutti. Al di là, questo, di analisi economiche che vedono nella questione immigrazione una portata strutturale (nell'accezione marxista) e nel riconoscimento del diritto di voto alle elezioni amministrative una priorità politica, come se il primo problema di queste persone fosse non tanto di assurgere subito a livelli umani di esistenza e di pari dignità ma di partecipare, dopo aver attraversato il mondo, a contese tra grillini, leghisti, vendoliani o berlusconiani. Non facciamo la figura dei provinciali anche con loro. Capiamo che questa urgenza viene soprattutto da sindacati legati a doppio filo con la politica e i partiti. Le priorità sono dunque: una urgente regolarizzazione (come quella del 2003), provvedimenti amministrativi urgenti da parte del Dicastero dell'Interno che pongano fine al muro di silenzio tra uffici immigrazione e utenza (perfino agli avvocati è oggi impossibile avere ragguagli sullo stato di una pratica), potenziare l'insegnamento dell'italiano e combattere la speculazione in merito, semplificare la legislazione, scrivendo assieme con chi lavora in strada nuove regole meno ottuse e illusorie, più moderne e civili. Più che permessi di soggiorno legati alla denuncia degli sfruttatori, già esistenti, sarebbe bene allungare tutti i permessi coerentemente ai tempi biblici (non per colpa del personale) di esame di queste pratiche. Meno polemica politica o pregiudizi ideologici (già di fatto siamo una società multietnica, se ne facciano tutti una ragione) ,quindi e più vicinanza alle sofferenze reali di questa gente. Dimostriamo che non necessariamente un paese impoverito debba abbruttirsi anche nei valori morali.